No alla direttiva brevetti software: un successo della democrazia nell’Unione europea

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Il 7 luglio scorso a Strasburgo si è consumato l’epilogo della vicenda relativa alla proposta di direttiva sulla brevettabilità   delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, nota come «direttiva sulla brevettabilità   del software». Dopo due anni di discussioni, seicentoquarantotto no, quattordici sì e diciotto astenuti hanno sancito la definitiva archiviazione di tale proposta, sostenuta dai giganti del software d’oltreoceano (con pochissime eccezioni) ed avversata da una stragrande maggioranza di studiosi, industrie ed organizzazioni oltre che dai sostenitori del software libero.
La vicenda merita attenzione sotto diversi profili, tutti estremamente importanti.
C’è un livello che afferisce alle dinamiche interistituzionali: si tratta di una delle più evidenti affermazioni di presenza e partecipazione del Parlamento europeo al processo decisionale comunitario. Un’occasione da non perdere per sottolineare come nello spazio riservato dai trattati alla co-decisione tra Consiglio e Parlamento vi sia la possibilità   di sviluppare un dialogo democratico effettivo che coinvolga non soltanto le lobbies tradizionalmente vicine al livello decisionale di Bruxelles, ma anche quei soggetti della società   civile la cui voce è troppo spesso relegata in circuiti che non si rendono intercettabili dalle istituzioni comunitarie.
La mobilitazione senza precedenti che ha sospinto fino a Strasburgo le ragioni degli anti-brevettualisti è confluita nella presa di posizione dei parlamentari europei la cui trasversalità   è ben esemplificata dalle affermazioni del relatore della proposta, il francese Michel Rocard: «Si è arrivati a questo voto con posizioni diverse, ma c’è una collera collettiva e unanime per l’atteggiamento della Commissione e del Consiglio che hanno mostrato totale disprezzo e sarcasmo nei confronti delle scelte fatte dal Parlamento europeo in prima lettura».
C’è, poi un aspetto sostanziale: è stato escluso, infatti, che fra le ragioni, anche dichiarate, dei sostenitori della direttiva, fossero riconducibili ai valori ed agli obiettivi dell’Unione così come enunciati dai Trattati. Neppure il tentativo di vincolare l’approvazione della direttiva nel suo testo originario al rispetto degli impegni presi dalla Comunità   e dagli Stati membri nell’ambito degli accordi TRIPs (Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà   intellettuale attinenti al commercio) -approvati con decisione del Consiglio 94/800/EC del 22 dicembre 1994 – ha avuto successo. Al contrario, si è ribadita la cogenza della Convenzione Europea sui Brevetti (CEB) che esplicitamente esclude la brevettabilità   del software. La bocciatura della direttiva, rappresenta dunque, sotto questo aspetto, una significativa riaffermazione del primato dei valori e degli interessi dell’Unione nei rapporti con il resto del mondo ed un’altra rivincita, nei fatti, dei principi fondanti il trattato costituzionale (cfr art. I-3).
Resta ora da chiedersi quali saranno in concreto le conseguenze del voto del 7 luglio. Gli occhi sono puntati sull’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) che negli ultimi anni aveva adottato una politica di tolleranza, se non di incentivazione, rispetto alla brevettabilità   del software, assecondando le pressioni statunitensi e contraddicendo i principi accettati a livello internazionale.
Sul piano legislativo, la Commissione ha già   fatto sapere che non presenterà   una nuova proposta di direttiva europea sulla brevettabilità   del software, rispettando la posizione del Parlamento. E’ tuttavia prevedibile che il tema venga introdotto in una più ampia proposta di riforma del sistema europeo dei brevetti e che i potenti gruppi economici che detengono il controllo dell’information tecnology siano pronti a far pesare la propria posizione in quella sede.
Ci auguriamo che, per allora, si sia sviluppato in Europa un sistema più strutturato e sistematico di coinvolgimento dei soggetti rappresentativi della società   civile su temi di vitale importanza per quello sviluppo democratico e partecipato che rappresenta il nuovo ineludibile orizzonte dell’Unione, tenendo fede agli impegni assunti dai Capi di Stato e di Governo in occasione dell’ultimo Consiglio europeo e ribaditi nel documento programmatico della presidenza di turno.

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