Mentre si svolgevano in gran parte della Francia e in altri Paesi del mondo le manifestazioni “citoyennes” e repubblicane per dire no al terrorismo, per difendere la democrazia e la libertà d’espressione, per rilanciare il messaggio della necessità del dialogo fra religioni e culture diverse, si consumava in Nigeria l’ennesimo episodio di un lungo dramma ad opera dei terroristi di Boko Haram. Con gli occhi puntati su Parigi, diventata per un giorno la capitale del mondo sotto la bandiera di “Je suis Charlie” e dove si erano dati appuntamento una cinquantina di Capi di Stato e di Governo, la stampa non è riuscita a dare voce, in contemporanea, ad un dramma che, secondo le prime cifre, avrebbe causato circa 2000 vittime e distrutto una quindicina di villaggi. Ultimo episodio di un crescendo di violenza che insanguina anche il cuore dell’Africa, vittima di un disegno fondamentalista il cui obiettivo oggi è la creazione di uno Stato islamico indipendente, un Califfato, nel Nord – Est della Nigeria.
Boko Haram, un nome che si aggiunge ad altre sigle del terrore jihadista e che, da alcuni mesi a questa parte, ha concentrato la sua potenza di fuoco sulla popolazione civile, di qualsiasi religione ormai essa sia. Quest’ultimo massacro, al di là dell’esattezza del numero delle vittime, ha non solo confermato che una vera e propria guerra è in corso ma che sta anche causando migliaia e migliaia di sfollati e di profughi obbligati a lasciare le loro sterili terre e le loro case per sfuggire al terrore. Un terrore che si è concretizzato, ad esempio, nello scorso maggio con il rapimento di 200 giovani studentesse di cui si sono perse le tracce, fino ai più recenti e indescrivibili atti di cinica barbarie, come quelli di usare bambine kamikaze per farle esplodere nel bel mezzo di un affollato mercato.
In questo inizio anno 2015, il terrore è corso dalla Francia alla Nigeria, inserendosi in una guerra che non lascia spazi alla comprensione, non dà appigli alla ragione, se non quelli del perseguimento di un cieco obiettivo di distruggere e uccidere in nome di un anacronistico, inarrestabile e umanamente intollerabile progetto politico/religioso. Inarrestabile perché ormai alimenta le guerre dello Stato islamico (ISIS) in Siria e in Iraq, destabilizza ulteriormente il Medio Oriente e l’Africa, ridisegna antichi e recenti confini, tesse nuove alleanze internazionali spostando interessi politici e geostrategici.
Se Parigi ha giustamente scosso il sentimento di rifiuto del terrorismo, della paura e della difesa della libertà d’espressione, allora questo grande movimento di un giorno, se ha un senso, non può fermarsi né racchiudersi in una pericolosa e limitativa “guerra all’Europa”. Perché è necessario poter dire, oltre a “Je suis Charlie, Ahmed e ebreo”, anche “Sono un siriano, un iracheno e un nigeriano …”.