Rizzoli – 2024 (€ 19.00)
Scrivere di “storia contemporanea” è impresa delicata, quasi impossibile. Intanto perché è ancora un ibrido tra passato recente e cronaca presente, con la ricorrente tentazione di anticipare scenari futuri. Prudentemente non ci provano gli storici di professione con i loro saggi spesso eruditi e di non facile lettura, vi si avventurano più audacemente commentatori politici e giornalisti, talvolta astutamente in dialogo con riconosciuti protagonisti del periodo in questione.
E’ il caso del libro-intervista dell’editorialista di la Repubblica, Massimo Giannini, con Romano Prodi, ex-presidente del Consiglio italiano ed ex-presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004.
Diciamo subito che il periodo di riferimento è quello degli ultimi decenni nel quale molte cose sono cambiate nel mondo, in Europa e in Italia. Con le sue domande, tra l’invasivo e il prolisso, ma utili per la comprensione di vicende complesse, Giannini propone una traccia per la lettura della storia recente alla quale Prodi non si sottrae dando prova di grande competenza, di consumata esperienza nell’esercizio del potere e di visione ampia e su tempi lunghi.
Ne viene fuori un dialogo illuminante, una specie di manuale di geopolitica per leggere il filo rosso di questi nostri tempi non sempre felici, con una tonalità prevalente nelle parole di Prodi che, da buon cattolico, del titolo del libro sembra privilegiare il “dovere” rispetto alla “speranza”: il primo come comandamento, la seconda come un obbligo di fede, praticata stringendo i denti visti i tempi duri che ci aspettano. Una tonalità tendenzialmente pessimista per le sorti di un mondo a “democrazia in caduta libera” e per un’Europa impotente e senza coraggio, fino ad un’Italia che si sta allontanando dal rispetto della Costituzione antifascista.
Si imparano molte cose dalla saggezza, solo apparentemente bonaria, di Prodi soprattutto quando racconta della sua lunga esperienza internazionale, svelando lati sconosciuti dei Grandi di questo mondo da lui frequentati a lungo, prima in Unione Sovietica e poi in Russia, negli Stati Uniti e in Cina, senza dimenticare personaggi come Erdogan o il suo “grande elettore” alla presidenza della Commissione europea, il primo ministro inglese Tony Blair, non sempre affidabile.
Gustosi i riferimenti a politici come il presidente francese Chirac o quello USA, Bill Clinton, o ancora il saggio ex-primo ministro di un Israele di altri tempi, come Ehud Olmert. Intriganti e non privi di dura ironia i ricordi “domestici”, quelli della spesso mediocre vita politica italiana, interpretata con grande furbizia da Berlusconi e furbescamente ripresa dalla Meloni, incapace di liberarsi dal suo passato e pronta a servire l’alleato di oltre-oceano.
Ma qui siamo già nella cronaca, meglio fermarsi per non perderci nella “via crucis” del campo largo delle opposizioni raccontato con lucidità, ma senza dimenticare da dove veniamo e con un grazie sincero a Romano Prodi per averlo raccontato con onestà e franchezza: un prezioso viatico per i giorni che verranno.