Migranti nell’UE: istruzioni per l’uso

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Al netto delle considerazioni etiche sui migranti, dimensione che non riesce a prevalere, nel dibattito acceso sul tema prendono rilievo altre valutazioni, esplicite o occulte, sull’utilità del fenomeno.
Da due versanti diversi: quello esplicito sull’impatto socio-economico e quello, perlopiù occulto, sull’utilità politica dei migranti.
Sul versante socio-economico si moltiplicano gli studi sui benefici, reali e potenziali, per l’Europa e per l’Italia di flussi migratori, preziosi per rispondere a una crisi demografica di lungo periodo, con le relative cadute sul mercato del lavoro e sugli equilibri finanziari del nostro sistema di welfare, tenuto conto anche della giovane età dei migranti e della loro disponibilità a svolgere lavori disertati dalla popolazione autoctona.
Ma è sul versante politico, quello in particolare del mercato del consenso elettorale, che emerge la grande “utilità” dei migranti, molto più che non i problemi, pur reali, che li accompagnano.
Ne sono stati una prova recente due incontri, tenuti nel giro di una settimana, dai ministri degli interni dell’Unione Europea, il primo a Helsinki il 18 luglio e l’altro il 22 a Parigi.
Il primo era stato convocato dalla nuova presidenza di turno finlandese con i ministri della Giustizia e affari interni (GAI) e eccezionalmente, dopo avere disertato sei su sette incontri precedenti, avevo visto la partecipazione di Salvini, vice-primo ministro della “provincia “ italiana. Nessun risultato di rilievo, se non la conferma di un rifiuto di Salvini di negoziare un’intesa europea sul tema, in attesa di rivedere l’accordo di Dublino mantenendo nel frattempo la chiusura dei porti e la “guerra” alle ONG.
A Parigi, pochi giorni dopo, ha provato Emmanuel Macron a rimettere i ministri degli interni attorno al tavolo per cercare soluzioni condivise tanto sugli obblighi dei salvataggi in mare e l’approdo a porti sicuri quanto alla redistribuzione dei migranti accolti. Alla riunione, gli otto Paesi presenti (con la Francia, Germania, Portogallo e altri) hanno trovato un accordo sulla ricollocazione volontaria dei migranti, altri sei vi hanno aderito: il ministro Salvini, assente, ha giudicato il risultato un “flop”, visto l’insistenza per mantenere la regola del diritto internazionale del “porto più vicino è sicuro”.
Questo lo stato dell’arte ad oggi, che può aiutare anche a capire qualcosa dell’”utilità politica” dei migranti, per entrambe le parti in causa.
Per Salvini è chiaro da tempo: non è la soluzione del problema migranti che gli interessa, ma la resa elettorale di una battaglia non solo rozza ma anche perdente in Italia, dove si rinuncia a un potenziale di sviluppo socio-economico, e in Europa, dove cresce l’isolamento del nostro Paese in un momento in cui riparte un “treno istituzionale” europeo che ci porterà al 2024, attraversando territori politici inesplorati e non privi di rischi, tanto maggiori per il “turista fai da te “.
Non significa però che non ci siano stati calcoli politici, anche di più lungo periodo, al tavolo di Parigi dove Macron ha colto l’occasione per riproporsi protagonista nell’UE con la Germania, “usando” il tema migranti per isolare ulteriormente il suo avversario preferito Salvini – e, ohimè, con lui l’Italia – e interpretare da “cripto-sovranista” la parte dell’alfiere di una solidarietà che molto non si è vista in questi ultimi tempi al di là del confine di Ventimiglia.
L’UE che verrà darà ancora molti di questi penosi spettacoli e ancor più quando a recitare sul palco saranno prevalentemente i governanti nazionali, rubando la scena ai responsabili delle Istituzioni europee. Non sarà un bello spettacolo, soprattutto per chi era andato al voto di maggio pagando il biglietto per una nuova Europa, di nuovo comunitaria e più solidale.

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