Microcredito e lotta alla povertà   in Europa

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In questi giorni l’attenzione dei media si è fortemente concentrata sulla turbolenza delle Borse di tutto il mondo e sugli schianti di prestigiose banche americane con sussulti giunti fino a noi. Vicende che hanno fatto dire a qualcuno, probabilmente tradito dall’emozione ma anche da una visione un po’ stretta di come va il mondo, che dopo questi eventi «siamo diventati tutti più poveri».
Molto ci sarebbe da dire sui commenti di questi giorni, in particolare sugli esiti di un mercato selvaggio, senza regole e con scarsa vigilanza, ma lasciar dire senza reagire che «tutti siamo diventati più poveri» proprio non si puà². Anche perchà© una simile affermazione suona come un insulto a chi povero lo è davvero e da molto prima che operazioni speculative sui mercati si schiantassero com’era giusto, facendo pagare il conto anche a risparmiatori innocenti avviati, questi sì, verso il «rischio povertà  ».
Un «rischio povertà  » che oggi, nella ricca e più regolata Europa, ha già   raggiunto il 16% della popolazione: circa 80 milioni di persone che, se fossero tutte raccolte su un unico territorio, equivarrebbero alla popolazione dell’intera Germania. Ma la mappa della povertà   ha altri indicatori inquietanti: un europeo su cinque abita in un alloggio insalubre, il 10% degli europei vive in un nucleo familiare in cui nessuno ha un lavoro regolarmente retribuito, con una disoccupazione di lunga durata – anticamera spesso della povertà   – che raggiunge il 4% della popolazione attiva. E per fare buon peso, un dato inquietante in prospettiva: un tasso di abbandono scolastico che supera il 15% e che nel nostro Paese cresce pericolosamente.Nà© sono molto più confortanti i dati nel nostro territorio, come rivelano le recenti indagini condotte a partire dai Centri di ascolto delle Caritas diocesane.
Assodato che i poveri tra noi ci sono già   e sono molti e crescono anche tra coloro che hanno un regolare lavoro, soprattutto se precario, resta da chiedersi come lottare contro le molte forme di povertà   che sono tra noi. Nell’attesa che la politica prenda coscienza del fenomeno e promuova politiche di sviluppo solidale, ben lontane da certe forme egoiste di federalismo fiscale, c’è chi si è mobilitato con iniziative sul terreno inventando nuovi strumenti.
Tra questi, quello del «microcredito», a tasso agevolato e con ridotte garanzie, è sicuramente uno dei più interessanti ed innovativi: nato e sviluppatosi in Paesi ad alto tasso di povertà  , in particolare in Asia e Africa, è approdato in Europa dove è spesso usato come mezzo per incoraggiare la crescita del lavoro autonomo, la formazione e lo sviluppo di microimprese, oltre che per dare una prima risposta provvisoria a situazioni di emergenza familiare o individuale.
Oggi in Europa queste iniziative stanno stimolando una presa di coscienza delle Istituzioni europee che premono sugli Stati membri per «far sì che la loro legislazione nazionale incoraggi la messa a disposizione dei microcrediti. I prestiti di questo tipo costituiscono uno strumento importante per incoraggiare l’iniziativa imprenditoriale, in particolare delle donne e dei membri delle minoranze etniche, sotto forma di un’attività   indipendente per favorire non solo la concorrenzialità   e lo spirito imprenditoriale ma anche l’integrazione sociale». E’ questo il quadro di riferimento della Commissione europea e di qui discendono alcune prime iniziative di rilievo, per la verità   ancora poco conosciute dai cittadini europei.
Tra queste, l’ultima nata si chiama con il nome gentile di «Jasmine» (Joint Action to support Micro-finance Institutions in Europe) ed è stata oggetto della recente Conferenza annuale sulle «Reti europee di microfinanza», svoltasi a Nizza il 10 settembre scorso. In Europa si stima che siano circa 700.000 le richieste potenziali di microcredito per una somma di 6,3 miliardi di Euro a breve termine che, per essere attivate, necessitano di capitali e professionalità  . Il programma «Jasmine» mira a rispondere a queste esigenze e lo fa attivando risorse europee attraverso la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI).
La povertà   è da tanto tempo tra di noi, queste iniziative sono recenti. E tuttavia meglio tardi che mai, se questa nostra Europa interviene per favorire iniziative su temi oggi troppo trascurati dai Governi nazionali che ne sottovalutano l’urgenza. Anche per questo è nata l’avventura europea: per trovare insieme soluzioni a problemi comuni, a cominciare da quelli che più pesano sulle fasce deboli delle nostre popolazioni.
Che sarebbe, a ben vedere, il primo compito della buona politica.

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