L’Unione Europea futura secondo la Germania

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È affascinante e rischioso, in queste condizioni politiche, avventurarsi a disegnare il futuro dell’Unione Europea. Nel corso della Seconda guerra mondiale era stato audace a farlo Altiero Spinelli con il “Manifesto di Ventotene”. C’è molto meno coraggio nelle proposte delle voci europee che circolano oggi nell’Unione, nonostante settant’anni di vita comunitaria ricca di risultati importanti.

Per riprendere solo le iniziative più recenti, il pensiero va alle reiterate proposte del presidente francese Emmanuel Macron, a quelle meno ambiziose del presidente del Consiglio italiano Mario Draghi e, da ultimo, a quelle prudenti del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Sono disegni che in gran parte convergono, anche se non lasciano intravvedere una volontà politica determinata quanto sarebbe necessario.

Lasciamo da parte le posizioni della Francia e dell’Italia, tra loro con proposte largamente condivise, ma entrambe indebolite dalla declinante forza politica dei loro autori: un presidente francese alle prese con un fragile consenso in Parlamento, dopo le elezioni di giugno, e un presidente italiano in scadenza e la cui eredità europeista potrebbe non finire in buone mani dopo le elezioni del 25 settembre.

Concentriamoci sul recente intervento del cancelliere tedesco lunedì 29 agosto a Praga, nel quadro della presidenza semestrale ceca dell’UE. Il contesto politico nel quale Scholz è intervenuto era diventato più drammatico rispetto a quello dei suoi colleghi intervenuti prima della guerra russa in Ucraina, senza dimenticare che per un cancelliere tedesco prendere la parola in un Paese, com’era stata la Cecoslovacchia sotto l’occupazione nazista, non era certo una passeggiata, ma poteva anche dare spunti per accelerare sulla strada dell’integrazione europea a salvaguardia della pace.

Di qui hanno preso le mosse le parole di Scholz per formulare alcune proposte per un’Unione geopolitica a fronte di un cambiamento epocale, articolandole su quattro assi tematici.

Il primo è quello di una riforma istituzionale per preparare l’UE per i futuri allargamenti, accompagnandola con l’adesione alla proposta di Macron di dare vita a una “Comunità politica europea”, più ampia dell’attuale UE a 27, che cominci ad associare i Paesi candidati ad un dialogo strutturato nella famiglia europea, in vista di uno spostamento dell’asse comunitario verso est, i Balcani in particolare. 

Per procedere sulla strada dell’integrazione interviene la seconda proposta: quella di rafforzare la sovranità europea, a cominciare da una progressiva liberazione dalla dipendenza russa in campo energetico, tema sul quale il cancelliere comprensibilmente si dilunga, ma senza anticipare troppo le misure concrete. Trovano posto qui anche i riferimenti alla necessaria realizzazione del riarmo europeo. 

Il terzo asse di proposte affronta due temi sensibili e altamente divisivi nell’Unione di oggi, le politiche migratorie e quelle fiscali e finanziarie, con un’apertura alla modifica dei Trattati, ma senza indebolire il Patto di stabilità e l’impegno per la riduzione del debito, riferimento che si spera non sia passato inosservato alle forze politiche italiane che con troppa disinvoltura chiedono a Draghi uno scostamento di bilancio, particolarmente inopportuno in questo momento. Sulle politiche migratorie poche novità, con il richiamo al rafforzamento del controllo delle frontiere e al governo dei flussi in coerenza con le disponibilità del mercato del lavoro.

E infine la quarta traiettoria da seguire non poteva che essere la fedeltà ai valori europei e il rispetto dello Stato di diritto, un impegno da perseguire con forza dopo l’invasione russa in Ucraina e a fronte dei molti regimi autocratici nel mondo.

Nonostante la drammatica fase storica che viviamo, il discorso di Praga del cancelliere rimane dentro il paradigma dei “piccoli passi”, un po’ come quelli dei Padri fondatori della Comunità europea all’inizio degli anni ‘50, ma lasciando l’impressione di più incertezze e meno coraggio. 

Nella sua tomba Altiero Spinelli continuerà a chiedersi perché tanta miopia e noi, da vivi, a ispirarci al suo Manifesto.

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