L’Unione divisa

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Come se già non ce ne fossero già abbastanza di preoccupazioni per il futuro dell’Europa in questa vigilia elettorale – per il Parlamento europeo s’intende, visto che per quello italiano la data del voto sembra allontanarsi sempre più – un nuovo libro edito dal Mulino e curato da Andrea Garnero e Simona Milio offre un utile promemoria per quanti non vogliono chiudere gli occhi su una pericolosa deriva del progetto di integrazione europea promosso all’inizio degli anni ’50.

Un progetto nato su un patto di solidarietà tra Paesi con storie, culture ed economie diverse, ma insieme impegnate a convergere e che oggi, associati in 28 nell’UE, disegnano una mappa crescente di divergenze, poco rispettose di quell’ “unità nella diversità” affermata dai Trattati.

Si tratta di divergenze che vengono da lontano e da più cause.

Già all’inizio degli anni ’70 l’originario patto di solidarietà cominciò a incrinarsi sotto i colpi del primo allargamento e della contestuale crisi economica del 1973.

Le divaricazioni economiche e sociali tra vecchi e nuovi Paesi membri si manifestarono con l’arrivo negli anni ’80 di partner con serie difficoltà economiche, come la Grecia, la Spagna e il Portogallo, per poi aumentare con il grande allargamento degli ultimi dieci anni, in particolare ai Paesi reduci dalla dissoluzione dell’impero sovietico.

Sarebbe tuttavia superficiale ridurre la causa delle crescenti divergenze al solo allargamento geografico, in grande parte imposto da esigenze politiche e strategiche in un continente radicalmente cambiato dal crollo del muro di Berlino nel 1989 e dall’unificazione tedesca del 1990.

Ad aggravare queste divergenze hanno concorso non poco altri due eventi di prima grandezza: l’adozione dell’euro all’alba del nuovo millennio e, pochi anni dopo, l’esplosione della crisi finanziaria ed economica avviata alla fine dello scorso decennio.

Paradossalmente la solidarietà politica, pure iscritta nella moneta unica, ha generato una faglia nella solidarietà economica e sociale nell’UE tra i 18 Paesi dell’eurozona e gli altri 10 Paesi rimasti fuori, e dentro la stessa eurozona tra economie forti ed economie deboli, contribuendo con i vincoli di una politica monetaria non accompagnata da una politica economica comune, ad allargarne le divergenze. L’irruzione della crisi finanziaria ed economica in un tale contesto ha fatto il resto.

Il sottotitolo del libro citato – “Convergere per crescere insieme in Europa” – prova a dirlo con tonalità positiva, lasciando chiaramente trasparire una convinzione speculare, che per convergere è necessario crescere insieme.

Non a caso, dopo i capitoli iniziali sull’”Unione mancata”, la seconda parte del libro si inoltra sul percorso di una crescita condivisa: da una politica di coesione orientata allo sviluppo piuttosto che solo a una logica distributiva a nuove politiche per la cultura, l’istruzione, la ricerca e l’industria fino ad affrontare il tema quanto mai delicato, nell’attuale congiuntura politica tanto europea che italiana, dei presupposti per uno Stato costituzionale europeo.

Nell’insieme, il libro “Unione divisa”, offre uno spettro ampio di stimoli alla riprogettazione di questa Europa che sta uscendo con le ossa rotte da una crisi finanziaria ed economica di inedita gravità, ma che ha ancora molta strada da fare per approdare a un’Unione politica che traduca in pratica, e per tutti, quel patto di solidarietà ad oggi da molti, e per diversi motivi, disatteso.

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