L’UE e la sicurezza aerea

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La tragedia dell’Airbus 320 della compagnia tedesca Germanwings, precipitato sulle Alpi francesi a poca distanza dal confine italiano, con le sue 150 vittime trascinate verso la morte da un pilota suicida ha destato dolore e sconcerto, suscitando non pochi interrogativi sulla sicurezza del trasporto aereo. Non sono bastate le statistiche sulla sicurezza relativa all’aviazione civile nel mondo e ancor meno le prime rassicurazioni maldestre al limite dell’arroganza dei responsabili della Lufthansa per tranquillizzare gli utenti del trasporto aereo. A loro volta, il comportamento del pilota e il suo profilo psicologico hanno fatto velo ad altre considerazioni imposte dalla tragica vicenda, in particolare sulle responsabilità in gioco.
Tra queste, anche se non la più grave, merita attenzione quella dell’Unione Europea e delle sue Istituzioni chiamate a vegliare sulla sicurezza dei cittadini, europei e no, presenti sul suo territorio, di cui fa parte lo spazio aereo oltre che quello marittimo (per non dimenticare Lampedusa e dintorni).
Limitiamoci qui alla sicurezza del trasporto aereo. L’aviazione ha oltre un secolo di vita, per la sua stessa natura non conosce frontiere, eppure c’è voluto molto tempo prima che prendesse forma una prima organizzazione internazionale dedicata al coordinamento di alcune procedure in grado di regolare le pratiche del volo.
È il 1970 quando nasce una prima organizzazione internazionale, quella delle “Autorità Aeronautiche Congiunte” (JAA), con il compito di sviluppare normative congiunte a livello europeo per migliorare la qualità e la sicurezza del trasporto aereo.
Bisogna aspettare il 2002, un anno dopo l’attentato alle Torri gemelle di New York e cinquant’anni dopo la creazione della prima Comunità europea, per vedere adottata una normativa vincolante sulla materia per tutti i Paesi dell’UE. È il Regolamento 1592/2002, sostituito nel 2008 dal Regolamento 216/2008 che detta una serie di misure dettagliate sulla sicurezza del volo aereo, affidandone la competenza all’Agenzia per la sicurezza aerea dell’UE (EASA).
Di particolare attualità l’articolo 7, relativo ai piloti con la definizione di dettagliate regole cui vanno sottoposti e che sono di applicazione immediata in tutta l’UE.
Come si può osservare, superando resistenze e divergenze tra le norme giuridiche nazionali, l’UE è riuscita a produrre una normativa comune, anche se tardivamente e con un’insufficiente capacità di controllo sulle misure effettivamente praticate. A voler giudicare con equilibrio, si tratta di risultati importanti per la loro giusta severità e per l’indispensabile copertura transnazionale.
La tragedia dell’Airbus tedesco impone adesso un aggiornamento delle norme adottate nel 2008, tenendo conto della terribile lezione appena ricevuta e dell’esperienza di altri Paesi, come gli USA che, dopo la loro tragedia del 2001, hanno adottato misure più severe, tra cui le presenze simultanee nella cabina di pilotaggio.
Purtroppo le tortuose procedure per l’elaborazione e l’adozione delle normative europee non consentiranno decisioni tempestive, ma è da apprezzare che, nell’attesa di nuove più severe misure vincolanti, l’EASA abbia diramato una “raccomandazione temporanea” alle compagnie aeree perché nella cabina di pilotaggio vi sia sempre la presenza di due persone. Per ora solo una raccomandazione che molte compagnie hanno già mandato in applicazione, in attesa che intervenga una normativa vincolante dell’UE, purtroppo non prima di qualche mese. Così funziona oggi l’UE, con la speranza che funzioni meglio domani.

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