L’Italia vista da Bruxelles a ferragosto

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È un po’ diversa la distribuzione dei tempi delle ferie tra Bruxelles e l’Italia, ma sono più differenti ancora le dinamiche politiche in corso in quei due mondi.

Concitato e pieno di trame politiche quello italiano, silenzioso e segnato da malcelata ansia quello europeo.

A Roma tiene banco la crisi e la preparazione di futuri sconvolgimenti del quadro politico, a Bruxelles la preparazione di una nuova legislatura di cinque anni, sicuramente più stabile della prossima legislatura italiana.

A Bruxelles si prepara a governare l’Unione Europea una squadra di centro destra plurale (social-cristiani e liberali) con alleati di centro sinistra, componenti non troppo difficili da amalgamare; a Roma scendono in campo candidati “uomini-soli-al-comando” con poche possibilità di costruire strategie sul medio e lungo periodo. Al punto che molti sperano sia il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ad essere quell’uomo, il solo in grado di contribuire a governare un Paese che un altro uomo dei “pieni poteri” riteneva che “governare non era difficile, ma inutile”.

Fatte queste sommarie premesse, può essere un utile esercizio di mezza estate provare a registrare giudizi e umori europei a proposito della politica italiana, concentrando l’attenzione sui due “mattei nel pollaio”, Salvini e Renzi.

Il primo, nella sua decina d’anni al Parlamento europeo, non ha brillato né per presenze o rilevanti iniziative politiche; dell’UE si è occupato soprattutto in campagna elettorale e nel governo Conte, picconandola alla ricerca di facili consensi tra elettori largamente disinformati sulle reali responsabilità comunitarie.

Nel corso della lunga campagna elettorale verso le elezioni del marzo 2018, a Bruxelles ne hanno colto rapidamente la pericolosità non solo per la tenuta dell’euro e della stessa Unione, ma anche per la salvaguardia di una democrazia di ispirazione liberale. Una somma di preoccupazioni che spinse molti a Bruxelles nella primavera del 2018 a sperare venisse scongiurata a tutti i costi una saldatura al governo tra Lega e Cinque stelle. È andata come si sa e adesso cresce l’incubo di una Lega, ormai considerata non ancora fascista ma sostanzialmente di estrema destra, qualificazione ancora troppo poco usata in Italia, ma ormai ampiamente diffusa in Europa.

L’altro Matteo, l’ex premier Renzi, era stato per molti in Europa, come in Italia, una speranza di rinnovamento della politica. Nel 2014 aveva portato il PD con il 40% al Parlamento europeo: non erano tutti voti suoi, ma valsero un ruolo importante a Strasburgo al partito e al suo profilo di “rottamatore”, che purtroppo non mancò anche di esercitarsi a spese del suo partito e del suo stesso ruolo di potenziale leader italiano ed europeo.

Oggi Bruxelles torna ad interrogarsi sulle carte che Renzi potrebbe ancora giocarsi, in particolare se tentasse di portare nel Parlamento europeo un suo partito di centro, atteso a braccia aperte da macronisti e liberali. Operazione naturalmente non gradita dai Socialisti e Democratici europei, pronti a riporre la loro fiducia in altri profili, come quelli di Paolo Gentiloni o Enrico Letta.

In questi giorni di ferragosto a Bruxelles, segnata dalla solita meteo variabile, prevale un rispettoso silenzio di fronte alla sconcertante variabilità del clima politico romano, mentre Ursula VDL lavora a comporre la nuova Commissione, dove resta ancora desolatamente vuota la poltrona italiana. Con il rischio che, quando sarà occupata, conti meno di quanto l’Italia e gli italiani, meriterebbero. Altroché “prima gli italiani”…

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