Dopo poche settimane dall’incontro alquanto teso dell’Alto Rappresentante Borrell a Mosca, l’attenzione dell’Unione Europea sembra ora intensificarsi nei confronti dei Paesi parte del suo Partenariato orientale.
Il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha in effetti dedicato una missione di alcuni giorni, fra fine febbraio e inizio marzo, in Ucraina, in Moldova e in Georgia, tre ex Repubbliche sovietiche destabilizzate dai separatismi pro-russi, situate agli immediati confini orientali dell’Unione europea e considerate dalla Russia il suo “Estero vicino”.
Tre tappe di sensibile importanza che segnano e mettono in evidenza, in un contesto che si potrebbe definire di concorrenza geopolitica, non solo le difficoltà dei rapporti fra Unione europea e Russia, ma anche le difficoltà della Russia di mantenere un ruolo significativo nello spazio post-sovietico.
Prima tappa a Chisinau, in Moldavia, dove la presenza della Russia si esprime in particolare nella Transnistria, regione indipendente “de facto” dal 1992, senza riconoscimento internazionale e presieduta dalla truppe russe come “forze di pace”. Nel 2006 il 97% della popolazione ha sostenuto l’adesione della regione alla Federazione russa. Nel dicembre 2020 la Moldavia ha tuttavia scelto come Presidente la giovane filo europea Maia Sandu, superando di gran lunga Igor Dodon, da sempre su posizioni molte vicine alla Russia. Un Paese quindi che rispecchia la volontà di un avvicinamento all’Unione Europea, soprattutto nelle giovani generazioni, cosciente tuttavia della sua storia e della presenza sempre attiva di Mosca alle sue porte.
Dalla Moldavia il Presidente del Consiglio Charles Michel si è recato in Ucraina, altro Paese dove la presenza della Russia si manifesta in particolare nel sostegno al conflitto nella regione separatista del Donbass e dove, con la rivoluzione di Maidan del 2014, il Paese ha segnato un suo chiaro orientamento verso l’Unione Europea e, cosa ancor più esasperante per la Russia, verso una futura adesione all’Alleanza atlantica. Nel Donbass, anche se con minore intensità, la guerra continua e dopo otto anni si contano più di 13.000 vittime e 1,5 milioni di sfollati. Una guerra dimenticata che, finora, non ha trovato prospettive di soluzione e di pace. Iniziano infatti in Ucraina, con l’annessione della Crimea da parte della Russia e la conseguente destabilizzazione del Paese, le prime sanzioni europee nei confronti di Mosca, continuate nel tempo e ribadite nell’ultimo Consiglio europeo di fine febbraio.
Ed infine un’ultima tappa molto significativa anche in Georgia, Paese che ha pagato alla Russia un prezzo molto elevato, soprattutto a partire dal 2008 con un conflitto che ha consegnato nelle mani di Mosca le due regioni separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud. In preda oggi a gravi difficoltà politiche, dalle quali riaffiora il peso di nuovi e vecchi legami con il Cremlino, la Georgia continua tuttavia a tener fede al suo percorso verso l’adesione all’Unione Europea.
Charles Michel ha cercato di mediare nel conflitto politico interno, ma ha soprattutto ribadito l’importanza, per l’Unione Europea, dell’integrità territoriale della Georgia, Paese di percettibile importanza geopolitica nel cuore del Caucaso.
Il Presidente del Consiglio europeo, in questa sua missione nei tre Paesi, ha voluto mettere in evidenza i valori e la portata della cooperazione europea nel quadro del Partenariato orientale. Ma ha messo in evidenza anche tutte le difficoltà di un rapporto costruttivo con l’ingombrante e scomodo vicino russo.