La politica commerciale UE nella competizione mondiale

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Si racconta che Jean-Baptiste Corot, prolifico pittore francese dell’Ottocento, a chi gli chiese quanto tempo impiegasse per dipingere i suoi molti quadri, abbia risposto senza esitare: “Dieci minuti e tutta la vita”. Qualcosa del genere sembra sia successo all’Unione Europea che, dopo una lunga e intensa storia di negoziati commerciali, ha impiegato un quarto di secolo prima di consentire alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, a pochi giorni dal suo insediamento, di firmare un accordo di rilevanti dimensioni con importanti Paesi dell’America latina, riuniti nel Mercosur, il “mercato comune” che riunisce Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay.

Per memoria, va segnalato che la competenza esclusiva comunitaria in materia di politica commerciale consentiva la firma della presidente della Commissione a nome e per conto dei Ventisette, subordinandone la ratifica all’accordo formale dei governi nazionali UE e qui non tutto è filato liscio finora, perché almeno alcuni di questi, come Francia, Polonia, Belgio, Olanda e Austria minacciano di opporsi all’accordo, forse affiancati dall’Italia.

La lunga gestazione della trattativa lascia intravvedere le tensioni generate da questo accordo che prevede di liberare, in larga misura da dazi, gli scambi tra queste due aree del mondo, oggi in relativo equilibrio per le rispettive bilance commerciali, dove export ed import sostanzialmente si equivalgono, per favorire una reciproca  vantaggiosa crescita degli scambi. 

Il problema nasce in particolare per l’apertura al Mercosur delle esportazioni del settore agroalimentare verso l’Unione Europea, con il rischio di alterare la competizione per la diversità delle regole sanitarie in vigore nelle due aree, con quella europea da tempo più severa tanto per la salvaguardia della salute che del patrimonio naturale.

Senza scendere troppo nei dettagli, i Paesi UE citati sono anche quelli che devono fare i conti con un importante settore agroalimentare e i cui governi sono esposti elettoralmente al consenso degli agricoltori, gli stessi che si sono già rumorosamente manifestati con le loro “marce dei trattori” contro la politica ambientale UE, lasciando in ombra i vantaggi per l’economia europea in molti altri settori, in particolare quello dell’automotive in seria crisi, tanto in Germania quanto in Italia. Senza contare l’urgenza per l’UE di disporre di materie prime critiche per la sua industria, evitando di aggravare la sua dipendenza dalla Cina, in competizione con l’Europa nell’area latino-americana.

Nella congiuntura politica attuale su questo versante è particolarmente esposta la Francia, senza un governo stabile e bersaglio di mobilitazioni anche violente, come già accaduto alla vigilia delle elezioni europee, quando Ursula von der Leyen non esitò a fare importanti concessioni, meno urgenti adesso, raggiunta la riconferma alla presidenza della Commissione.

Alla Francia potrebbe accodarsi il governo italiano, sensibile alla sua clientela elettorale e meno alle attese del Quirinale, forse anche valutando la mossa della Commissione europea come anticipatrice rispetto all’incombente minaccia di dazi USA verso l’UE, con la necessità quindi per la politica commerciale comunitaria di trovare strade alternative per il rafforzamento degli scambi commerciali mondiali in una stagione minacciata da un’ondata protezionista.

Vedremo presto come si schiereranno  i Ventisette governi nazionali nel voto che, tenuto conto della competenza comunitaria in materia, non sarà vincolato a un accordo all’unanimità, ma solo a maggioranza. E in una congiuntura politica come l’attuale sarà almeno imbarazzante per Giorgia Meloni rischiare di finire nella minoranza perdente dopo essere passata, con disinvolta capriola, dall’opposizione a Ursula von der Leyen al sostegno per la sua definitiva investitura. 

Forse si tratta solo dei due primi tempi del valzer politico, in attesa del terzo.  

1 COMMENTO

  1. Grazie Franco dei tuoi articoli, sempre molto interessanti.
    Io sono convinta che l’Unione Europea se vuole continuare ad esistere deve diventare piu’ forte una specie di Stati Uniti d’Europa, altrimenti rischia di soccombere di fronte agli USA, ai BRICS, che se non ricordo male sono già 26 paesi che ne fanno parte con due , possiamo dire 3 colossi, come: Cina, India e Brasile, Se i vari paesi europei andranno alla spicciolata a negoziare, l’UE progressivamente si sfalderà e la Russia avrà buon gioco ad annettere economicament ee forse politicamente i paesi dell’Est.

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