La nuova UE: l’Italia scopre le carte

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Non si è capito molto fino ad oggi come sarà l’Unione Europea del futuro. Quelli che remano contro  – Cinque stelle e Lega in particolare – poco o nulla ci hanno spiegato che ne sarà dell’Europa dopo che l’avranno “rivoltata come un calzino” o privata dell’euro. Quelli che sono per l’Europa, o per “più Europa”, sono rimasti vaghi nei loro impegni e non si arrischiano a parlare abbastanza chiaro perché tutti capiscano a che cosa puntano.

Un primo squarcio dentro tutta questa nebbia si è aperto l’altro giorno con il discorso di Matteo Renzi a Firenze, che ha anticipato alcune priorità della Presidenza italiana dell’UE nel secondo semestre di quest’anno. È ancora presto perché possa essere delineato il quadro completo del programma italiano che sembra, in questa fase di annunci, non mancare di ambizioni, a prima vista sproporzionate rispetto al possibile impatto di una presidenza di turno che, nel caso del prossimo semestre, vede aggiungersi ai molti limiti istituzionali, anche l’esiguità del tempo a disposizione (poco più di quattro mesi operativi) e l’importanza che avrà la definizione dei nuovi organi comunitari, dal Parlamento alla Commissione europea fino alla presidenza del Consiglio europeo.

Non stupisce che su quest’ultimo tema prevalga la discrezione, per non bruciare le candidature sul tavolo e assicurare all’Italia qualche ruolo di rilievo, impresa non facile vista l’importante presidenza italiana della Banca centrale europea, di questi tempi la principale protagonista tra le Istituzioni comunitarie.

Nell’attesa di saperne di più, è apprezzabile che il governo italiano abbia scoperto le prime carte sulle proprie priorità tematiche dei prossimi mesi.

Al centro la priorità delle priorità, il lavoro e la crescita senza venir meno al rigore dei conti pubblici, anche se l’Italia non rinuncerà a chiedere qualche margine di flessibilità – tempi più lunghi, essenzialmente – per la riduzione del deficit, sapendo bene che su questa richiesta pesa come un macigno il debito pubblico in continua crescita. Anche più dura la battaglia per ottenere, come richiesto da tempo, di non computare nella spesa pubblica quella destinata agli investimenti infrastrutturali: una richiesta logica, ma che si scontra con l’ancora scarsa credibilità dell’Italia, sospettata di infilare tra gli investimenti anche la spesa corrente.

Non poteva mancare tra le priorità italiane il tema della democrazia e la tutela dei diritti fondamentali, da coniugare – e non sarà facile – con il negoziato commerciale con gli Stati Uniti per la creazione di un mercato unico transatlantico: qui Renzi ha messo le mani avanti, annunciando fin d’ora che non è realistico pensare a una conclusione entro l’anno.

Ma il piatto forte, sul versante economico, sarà il completamento dell’unione bancaria e l’avvio di quella economica, in attesa che si veda qualche primo fremito in favore dell’unione politica, se non con tutti i Ventotto, almeno con qualche Paese della zona euro. Perché questo avvenga bisognerà mettere mano alla riforma dei Trattati, un passaggio delicato con una Merkel tiepida e un Cameron pronto ad approfittarne per ridurre, anziché aumentare, le competenze di Bruxelles.

Su quest’ultimo punto, non è priva di significato la strizzatina d’occhi di Renzi al collega inglese in favore di una riduzione delle regole all’interno dell’UE. C’è da sperare che Renzi sia consapevole dei rischi di questa strada o che, almeno, qualcuno trovi il coraggio di spiegarglielo, senza finire nella lista nera dei gufi.

Vedremo: se sono rose fioriranno, anche se parlare per l’Europa, sotto presidenza italiana, di un nuovo Rinascimento può far sognare il nostro fiorentino, ma sembra decisamente prematuro.

 

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