Molta e comprensibile eco avevano avuto nei mesi scorsi le rivelazioni di gravi casi di corruzione in seno al Parlamento europeo, con l’arresto di parlamentari e quello di altre figure operanti in quell’ambiente, tra questi due di nazionalità italiana. Si parlò allora di “Qatargate”, per indicare a favore di chi avesse operato la corruzione, con il coinvolgimento di altri Paesi, oltre all’emirato mediorientale individuato.
Meno attenzione è stata destinata alla risposta allo scandalo data delle Istituzioni europee, a cominciare dalle prese di posizione del Parlamento europeo e alle misure adottate per prevenire deviazioni analoghe in futuro.
Ancor meno si è parlato delle iniziative adottate dalla Commissione europea, l’Istituzione “guardiana dei Trattati” e a quel titolo responsabile del rispetto del diritto comunitario e di un corretto esercizio della funzione pubblica, non solo in seno alle Istituzioni comunitarie, ma anche nei Paesi UE.
In merito va segnalata l’iniziativa adottata il 3 maggio scorso in favore di norme più rigorose per lottare contro la corruzione nell’UE e nel mondo, con il duplice obiettivo di integrare la prevenzione nella lotta alla corruzione, nelle politiche e nei programmi UE e sostenere attivamente gli Stati membri nel mettere in atto rigorose politiche e normative anticorruzione, con l’impegno a monitorarne gli sviluppi a livello nazionale, ricorrendo a raccomandazioni agli Stati membri.
Oltre allo strumento di una rete anticorruzione UE, la Commissione ha inviato al Parlamento e al Consiglio una proposta di Direttiva, uno strumento giuridico vincolante, attualmente in corso di negoziato tra le Istituzioni UE.
Il testo della Commissione, dopo aver ricordato che il costo della corruzione per l’economia dell’Unione “è pari ad almeno 120 miliardi di euro all’anno” segnala che, dai risultati di un sondaggio dell’Eurobarometro, “il 68% dei cittadini dell’UE e il 62% delle imprese con sede nell’UE ritengono che la corruzione sia diffusa nel loro Paese”.
La complessità del documento della Commissione, mentre da una parte svela l’estrema gravità della corruzione nelle sue diverse forme, dall’altra non ne consente qui una sintesi adeguata, mentre per molti questa potrebbe essere una lettura illuminante sul tema e sulle ricadute del fenomeno anche negli Stati membri, chiamati ad intervenire con maggiore rigore di quanto non avvenga.
In considerazione dell’attualità del dibattito in corso in Italia sulla riforma della giustizia lanciata dal governo, basti citare integralmente il § 1 dell’articolo 11 della proposta di Direttiva, dal titolo “Abuso d’ufficio”: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché sia punibile come reato la condotta seguente, se intenzionale: 1. l’esecuzione o l’omissione di una atto, in violazione delle leggi, da parte di un pubblico funzionario nell’esercizio delle sue funzioni al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo”. Segue una lista particolarmente severa delle misure da adottare per prevenire la corruzione e per sanzionarne i relativi reati.
Anche questo tema concorre a disegnare la mappa del rispetto dello Stato di diritto in Europa e non aiuta la credibilità dell’Italia, secondo l’autorevole organizzazione non governativa Transparency che da trent’anni monitora il fenomeno della corruzione, occupare nell’Unione Europea il 17° posto nella classifica dei Paesi dove minore è la percezione della corruzione, mentre sono sul podio dei migliori i Paesi del centro-nord, davanti all’Italia anche Portogallo e Spagna e dietro i Paesi dell’area orientale, Grecia compresa.