La lenta agonia della democrazia tunisina

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Quel piccolo paese che nel 2011 aveva coraggiosamente dato inizio alle primavere arabe e ai tanti venti di libertà e speranza di democrazia, sta lentamente riscivolando in una situazione di dittatura e di preoccupante infrazione per lo stato di diritto e per il rispetto dei diritti dell’uomo. La prospettiva di una Tunisia che conquista fino in fondo gli obiettivi nati  dalla sua rivoluzione dei gelsomini sembra infatti arrivata alla fine.

Le difficoltà di tali obiettivi per una transizione democratica erano ben presenti nel popolo tunisino fin dall’inizio, dalla cacciata di Ben Ali, difficoltà che, al di là di una situazione economica preoccupante ai limiti della soglia di povertà, avevano a che fare con la riconciliazione nazionale, con il pluralismo, con l’adozione di una nuova Costituzione, con elezioni e con il consolidamento di Istituzioni forti e indipendenti che garantissero stabilità e rispetto dello stato di diritto. 

Un progetto e un processo di tale portata non sfuggivano all’attenzione della comunità internazionale, la quale, nel 2015, assegnò il Premio Nobel per la Pace al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino, una coalizione di organizzazioni della società civile “per il suo contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralista in Tunisia”. 

Continuava così la strada lunga, difficile e sempre più in salita della giovane democrazia tunisina, sia dal punto di vista economico che da quello della gestione del potere. Un momento cruciale avvenne  nel 2019 con l’elezione del Presidente Kais Saied, percepito e sostenuto dalla popolazione come “Presidente del popolo”.  Iniziano tuttavia così i primi attacchi alla transizione democratica, con un Presidente che, passo dopo passo e seguendo un preciso disegno politico, accentra nelle sue mani sempre più potere. Il primo attacco avviene nel luglio 2021 con la sospensione del Parlamento e la destituzione dell’allora primo ministro, seguito, nel febbraio 2022, dalla decisione di sciogliere il Consiglio superiore della magistratura, concentrando in tal modo su di sé anche il potere giudiziario.

Non solo, ma nei piani del Presidente Saied vi era anche l’adozione di una nuova Costituzione, volta a sostituire quella del 2014. Adottata nel luglio 2022, la nuova legge elettorale delinea un presidenzialismo puro, in cui il Presidente non solo ha il sopravvento sul potere esecutivo, ma detiene una forte influenza anche su Parlamento e Magistratura. 

La deriva autoritaria del Presidente Saied si riflette, da mesi a questa parte, su ogni tentativo di opposizione da parte della società civile, dai semplici cittadini ai sindacalisti, dai giornalisti agli avvocati e ai magistrati. Repressione, arresti e sospensione della libertà d’espressione stanno diventando quotidianità in tutto il Paese, mentre la situazione finanziaria, economica e sociale diventa sempre più problematica per l’intera popolazione. Un’economia, da anni, sull’orlo del fallimento, che ha raggiunto un tasso d’inflazione del dieci per cento, un debito pubblico che sfiora il cento per cento del PIL, un tasso di disoccupazione del quindici per cento e una popolazione con un’età media di poco più di trent’anni. Cifre che, in  un paese che non attira e non sostiene investimenti e non è in grado di effettuare le dovute riforme, portano il Paese sempre più vicino al baratro finanziario ed economico.

La situazione della Tunisia e soprattutto la sua fragilità economica ha attirato l’attenzione dell’Unione Europea e dell’Italia in particolare, soprattutto all’ultimo Consiglio UE dei Ministri degli Affari esteri del 20 marzo scorso. Le ripercussioni sulla stabilità regionale e europea di un possibile fallimento  della Tunisia si tradurrebbero, in particolare, in un inquietante esodo verso le coste europee, una prospettiva che oggi sembra far paura a molti. Una paura che ha fatto tuttavia scattare una cooperazione finanziaria europea e un possibile intervento del Fondo Monetario Internazionale. Con la speranza che alle riforme strutturali richieste vi sia in primo luogo anche il ritorno del Paese sulla via della democrazia.

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