
Nell’Europa del 2025, tra crisi demografiche e carenze di manodopera, si sta affermando un protagonista silenzioso ma decisivo: il lavoratore migrante. Per anni la sua presenza è stata considerata un fenomeno marginale, oggi invece si rivela una delle chiavi per mantenere viva la macchina produttiva dell’Unione Europea.
Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Commissione, il potenziale inespresso è enorme. Tra i 51 milioni di persone in età lavorativa che non partecipano al mercato del lavoro europeo, circa sette milioni sono migranti: uomini e donne che potrebbero contribuire a raggiungere l’obiettivo comunitario di un tasso di occupazione del 78% entro il 2030.
Negli ultimi quindici anni, la presenza dei lavoratori non appartenenti all’UE è quasi raddoppiata, passando dal 2% al 6% della forza lavoro totale. Eppure, il loro inserimento resta ostacolato da barriere persistenti: difficoltà linguistiche, mancanza di riconoscimento delle qualifiche, discriminazione e responsabilità familiari che pesano soprattutto sulle donne.
L’integrazione, tuttavia, non è solo una questione di diritti, ma di efficienza economica. Gli esempi concreti lo dimostrano: in Portogallo il numero di lavoratori stranieri è triplicato tra il 2017 e il 2022, contribuendo in modo sostanziale al sistema previdenziale nazionale. In Repubblica Ceca, i beneficiari della protezione temporanea provenienti dall’Ucraina hanno in alcuni periodi versato più tasse di quante ne abbiano ricevute in sussidi.
A livello europeo si moltiplicano i programmi che combinano corsi di lingua, formazione professionale e incentivi alle imprese che assumono migranti. L’obiettivo è accelerare l’ingresso nel mercato del lavoro, riducendo la burocrazia e valorizzando le competenze acquisite nei Paesi d’origine.
Il messaggio è chiaro: il lavoro migrante non è una toppa temporanea, ma una risorsa strutturale. In un continente che invecchia e fatica a trovare personale in settori chiave come l’edilizia, l’assistenza sanitaria e l’agricoltura, l’inclusione dei migranti rappresenta una scelta di lungimiranza.
Se l’Europa saprà riconoscerne il valore, la forza lavoro migrante potrà diventare uno dei pilastri del suo rilancio economico. Non più ospiti o comparse, ma protagonisti silenziosi della crescita di un continente che, forse, ha appena riscoperto la sua ricchezza più grande: quella umana.
Per approfondire: Migrant labour key to boosting employment in the EU