Mentre in Italia si va scoprendo a singhiozzo, un pezzo dopo l’altro, la manovra finanziaria in due tempi, quella «leggera» 2011-2012 (che pagheranno i soliti noti) e quella «pesante» 2013-2014 per chi verrà dopo, l’Unione Europea ha reso nota la proposta della sua «finanziaria» pluriennale 2014-2020.
Il progetto della finanziaria UE è stato presentato il 29 giugno scorso dalla Commissione Europea, alla quale i Trattati affidano la responsabilità della proposta, e sarà adesso all’esame del Consiglio dei ministri e del Parlamento Europeo, le due autorità di bilancio, nell’attesa che entro la fine dell’anno prossimo l’Assemblea di Strasburgo vi apponga la sua firma. Un anno e mezzo sarà appena sufficiente per trovare un difficile accordo tra le due autorità di bilancio, con il Consiglio fermamente intenzionato a stringere i cordoni della borsa e il Parlamento deciso a sfruttare a fondo i suoi crescenti poteri per rafforzare il bilancio dell’UE e incidere sulle sue priorità .
Sarà per tutti un esercizio complesso, tanto sul versante delle entrate che su quello della spesa, sulla scia di una crisi economica e finanziaria che ha fortemente segnato i Paesi UE, messo sotto pressione l’euro e sollevato forti contrasti tra chi ha frenato in nome della politica del rigore e chi ha mostrato invece preoccupazione per la crescita. Sarà anche un test sullo stato di salute della solidarietà europea, sulla sua coesione sociale e territoriale e, inevitabilmente, sulle prospettive di integrazione politica.
Per adesso basti ricordare alcuni grandi numeri della manovra pluriennale europea: 1.025 miliardi di euro per i sette anni, poco più dell’1% del Prodotto Interno Lordo (PIL) dell’UE (a fronte di oltre di una media di oltre il 50% del PIL destinato alla spesa pubblica nazionale nei Paesi membri UE), una percentuale che arriva all’1,11% se si contano le spese fuori bilancio per i Paesi in via di sviluppo (30 miliardi), il progetto ITER di reattore a fusione termonucleare (2,7 miliardi per la ricerca sul nucleare «pulito») e un fondo di riserva per le crisi agricole (3,5 miliardi).
Interessante una prima lettura dei capitoli di bilancio: resta invariata la dotazione per l’agricoltura scesa nel corso degli anni e congelata per il prossimo settennio al 36,2% del bilancio totale (386,9 miliardi), ma con innovative misure di ri-orientamento; di peso quasi equivalente le risorse destinate alla politica di coesione e ai fondi strutturali (376 miliardi, di cui 40 a un nuovo fondo «infrastrutture»); netto l’aumento della spesa per la ricerca (80 miliardi) e significativi gli aumenti delle risorse destinate al settore dell’educazione, della formazione e dei giovani (+ 70%) e della cultura (+ 37%).
Le novità più rilevanti – e sicuramente oggetto di aspri contrasti – della finanziaria UE 2014-2020 sono sul versante delle entrate, in particolare le proposte di rivedere il meccanismo del prelievo IVA per renderlo più uniforme e rafforzare così la dimensione «comunitaria» del bilancio e di introdurre a livello europeo una tassa sulle transazioni finanziarie, già presente in alcuni Paesi UE.
Novità che hanno già suscitato diffuse ostilità , dal Regno Unito che giudica irrealistiche le proposte europee alla Banca Centrale Europea (BCE) che mette in guardia dalla tassa sulle transazioni finanziarie, in attesa di conoscere quello che si nasconde dietro il silenzio di Germania e Francia che, a fine 2010, si erano espresse per un congelamento del bilancio europeo proposto invece dalla Commissione con un aumento del 5% rispetto al settennio precedente.
In favore della proposta della Commissione Europea si sono già espressi sia il Parlamento, il Comitato delle Regioni (per voce della sua presidente Mercedes Bresso), il Comitato Economico e Sociale e molte organizzazioni della società civile europea.
Per ora non c’è traccia delle reazioni italiane: potrebbe essere un silenzio-assenso, se non fosse che le priorità della finanziaria europea contrastano con tutta evidenza con quella della recente finanziaria italiana. Per farsene un’idea basta guardare ai capitoli ricerca, formazione e cultura. Ma è l’opzione in favore della crescita che rivela una divergenza decisiva tra il bilancio italiano e quello europeo: qui l’aumento proposto del 5% è motivato da investimenti destinati alla crescita. Una «frustata» che, nonostante tutte le promesse e anche solo il semplice buon senso, non si trova ad oggi nella finanziaria italiana.
Speriamo domani, forse. Ne hanno diritto soprattutto i giovani, soprattutto quel 29,6% sotto i 25 anni senza lavoro.
L’evoluzione del dibattito puಠessere seguita sulla pagina web del portale Europa dedicata al quadro finanziario 2014-2020