La Cina chiama l’Ucraina

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Non si erano sentiti da più di due anni a questa parte e la telefonata di questi giorni di Xi Jinping, a più di quattordici mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina a Zelensky, riveste quindi sensibili significati e solleva legittimi interrogativi.

I tempi lunghi della reazione telefonica del Presidente cinese arrivano infatti fino alla vigilia dell’annunciata controffensiva primaverile ucraina contro l’invasione delle truppe russe, una controffensiva che il Ministro della Difesa ucraino ha definito essere volta a ”liberare il territorio ucraino e a riprenderci ciò che ci appartiene”. Per Pechino e  per il suo legame con Mosca, una controffensiva ad alto rischio, che potrebbe imprimere una  svolta nella guerra e aprire nuovi orizzonti nel conflitto, in particolare se le Russia dovesse subire significativi rovesci. 

La telefonata di Xi interviene inoltre dopo che numerosi responsabili politici europei, dal Cancelliere tedesco Scholz al Primo Ministro spagnolo Sanchez, dal Presidente francese Macron alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen,  sono volati a Pechino per colloqui con il Presidente cinese e per capire, fra l’altro, quali fossero le sue reali intenzioni in favore di una soluzione del conflitto. La presentazione da parte di Pechino, nel mese di febbraio, di una proposta in dodici punti al riguardo, era stata infatti vista dall’Europa e ancor più dagli Stati Uniti con circospezione e prudenza. Dodici punti infatti che non si limitavano alla guerra in corso e alle sue possibili soluzioni, ma che si inquadravano in una visione molto più ampia di Pechino sui futuri equilibri internazionali e sul futuro del diritto internazionale.

Al riguardo, la visita a Pechino del Presidente Macron invita ad una riflessione supplementare. Il Presidente francese infatti, ha colto l’occasione per rinnovare, in particolare a proposito della questione di Taiwan, la sua visione di un’Unione Europea alla ricerca di un’ “autonomia strategica”, non necessariamente coincidente all’agenda politica degli Stati Uniti. Se tale visione ha senz’altro un suo valore per il futuro dell’Europa, vero è che in questo particolare  momento storico, segnato da una guerra che richiede a tutto l’Occidente la massima coesione, ha creato forti tensioni in Occidente e all’interno dell’Unione Europea in particolare. Una visione politica che non sfugge certamente a Pechino e alla sua strategia di ricoprire il ruolo di primo attore sulla scena internazionale, oggi in particolare in quanto possibile mediatore di un conflitto dalle conseguenze globali. 

In questo complicato e intrecciato contesto, la telefonata di Xi interviene anche dopo le pericolose  dichiarazioni dell’Ambasciatore cinese in Francia, prontamente smentito da Pechino,  il quale, riferendosi ai Paesi dell’ex Unione Sovietica, ha messo in dubbio la sovranità e il riconoscimento internazionale dei tre Stati baltici, Estonia, Lettonia e Lituania. Dichiarazioni preoccupanti che si innestano sulle già problematiche relazioni fra Cina e Unione Europea e richiamano l’attenzione sulla delicata situazione di Taiwan.

Malgrado il contesto descritto e il fatto che la Cina non abbia mai espressamente condannato l’aggressione della Russia all’Ucraina, la telefonata di Xi al Presidente Zelensky, attesa da molto tempo, testimonia tuttavia dell’intenzione cinese di “promuovere colloqui per la  pace” e ribadire che “il dialogo e la negoziazione sono l’unica via d’uscita praticabile. Non ci sono vincitori in una guerra  nucleare.” Al riguardo, due passi concreti in quella direzione sembrano dare una prima risposta alla lunga conversazione telefonica: la nomina di un ambasciatore ucraino in Cina e la nomina di un inviato speciale cinese in Ucraina. 

Sono due piccolissimi passi, che si spera vadano nella direzione di una pace che sappiamo essere ancora molto, troppo lontana.

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