In Europa non c’è un bel clima

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Nell’ormai lontano secolo scorso si leggeva nei libri di scuola che l’Europa era una “regione di clima temperato”, ma l’ultima edizione dell’Enciclopedia Treccani aggiornava la descrizione per la fascia meridionale del continente con parole più prudenti: “I caratteri del clima mediterraneo sono subtropicali più che temperati, con estati calde e asciutte e inverni miti e moderatamente piovosi”.

Adesso, dopo il recente “Rapporto Copernicus” sul clima in Europa, bisognerà procedere a nuovi aggiornamenti e purtroppo non finirà lì. Lo raccontano con chiarezza una serie di dati ricavati dal monitoraggio promosso dalla Commissione europea nel quadro delle attività dell’Agenzia spaziale UE, dai quali risulta un’intensificazione dei fenomeni estremi, con una panoramica del clima nel 2022 in uno scenario di lungo termine.

Cominciamo con i record. L’Europa ha vissuto, nel 2022, il suo secondo anno più caldo mai registrato, subendo ondate di calore intense e prolungate, sperimentando nella sua area meridionale il più alto numero di “stress termico intenso” mai registrati e un numero record di ore di sole, con le Alpi europee segnate da una riduzione record di ghiaccio dai ghiacciai.

Non è andato meglio a nord per i record negativi, con l’Artico che ha vissuto il suo sesto anno più caldo mai registrato e con la Groenlandia alle prese con lo scioglimento della calotta polare per le intense ondate di calore del mese di settembre.

Il Rapporto prosegue con rilievi sull’impatto del clima sulla salute e sulla siccità diffusa, “che ha messo in ginocchio diversi settori, come l’agricoltura, il trasporto fluviale e l’energia”, con il 63% dei fiumi in Europa che hanno registrato flussi inferiori alla media. 

Ad aggravare la situazione anche le emissioni di carbonio da incendi boschivi, le più alte dal 2007, in particolare in Francia, Spagna, Germania e Slovenia. A nord hanno risposto le temperature eccezionali nell’Artico con incrementi rapidissimi fino a 8% superiori alla media, contribuendo allo scioglimento del 23% della calotta polare. E per fare buon peso ci si è messo anche il vento, la cui velocità media nell’Europa occidentale, centrale e nordorientale è stata inferiore alla media, con la conseguenza di ridurre la produzione dell’energia eolica.

Sono questi solo alcuni degli spunti di riflessione proposti dal “Rapporto Copernicus”, ma sufficienti per allertare tutti e, in particolare, le future generazioni sulle possibili evoluzioni del pianeta, con in primo piano la nostra Europa, una volta “continente dal clima temperato”.

Per la salvaguardia del pianeta e la protezione dell’ambiente in cui viviamo l’Unione Europea ha adottato da tempo misure importanti, rafforzate in particolare dopo l’adesione all’Accordo di Parigi del 2015, un Trattato internazionale giuridicamente vincolante per contrastare i cambiamenti climatici con l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C rispetto ai livelli pre-industriali. E’ del 2019 il lancio del “Patto verde” (Green deal) che sta inquadrando le normative adottate in questi ultimi anni, con l’obiettivo ambizioso – e nella congiuntura attuale, difficile da raggiungere – di azzerare nel 2050 le emissioni di gas serra nell’UE, con traguardi intermedi come, tra gli altri, il divieto a partire dal 2035 di immatricolare auto a benzina o diesel.

L’irruzione della pandemia prima e della guerra in Ucraina poi, con il conseguente aggravamento della crisi economica ed energetica, sono due fattori che pesano oggi sul perseguimento di obiettivi fissati in tempi più favorevoli, ma che non è il caso di disattendere proprio ora a fronte del crescente peggioramento delle condizioni ambientali, se si vuol dare un futuro al pianeta e all’Europa.

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