L’Europa accoglierà   dal 1° gennaio prossimo anche Romania e Bulgaria

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La Commissione europea ha presentato martedì scorso davanti al Parlamento europeo il suo rapporto su Romania e Bulgaria, proponendo la loro adesione all’Unione europea, a partire dal 1 gennaio 2007. Un rapporto che fa il punto sui progressi compiuti dai due Paesi negli ultimi mesi (dall’ultimo rapporto della Commissione del maggio scorso) per adeguarsi all’insieme della legislazione comunitaria e che valuta la loro capacità   di applicarla. Nel constatare i progressi fatti finora, la Commissione non ha voluto posporre al 2008 la data del loro ingresso, sebbene questa possibilità   fosse stata prevista dal Trattato d’adesione firmato già   nell’aprile 2005 con i due Paesi.
Previa quindi decisione finale dei Capi di Stato e di Governo nel dicembre prossimo, Bulgaria e Romania entreranno fra pochissimi mesi nell’Unione Europea, portando così a 27 il numero degli Stati membri, a 485 milioni il numero degli abitanti e spostando le frontiere fino al Mar Nero.
Il rapporto della Commissione è stato salutato con entusiasmo dalla maggior parte dei parlamentari europei che hanno sottolineato la portata storica e la rilevanza politica dell’evento: il sesto allargamento accoglie nell’Ue altri due Paesi dell’ex blocco sovietico. Il testo, tuttavia, non nasconde tutte le preoccupazioni per i passi ancora da compiere in settori chiave e sensibili per l’intera Unione europea. La Commissione propone quindi misure di salvaguardia e sospensione dell’applicazione di alcune politiche europee, nel caso in cui non venissero rispettati gli impegni presi per completare le necessarie riforme interne. I settori di cui parla la Commissione sono soprattutto la lotta alla corruzione, il rafforzamento dello stato di diritto, la capacità   di controllo dell’uso dei fondi strutturali e agricoli, la sicurezza alimentare. Settori che toccano quindi da vicino il buon funzionamento di giustizia e affari interni, del mercato e del commercio.
Un ingresso, dunque, sotto stretta sorveglianza e accompagnato da concrete precauzioni per quanto riguarda, ad esempio, la libera circolazione dei lavoratori: il rapporto prevede infatti che gli attuali Stati membri possano chiudere ai lavoratori rumeni e bulgari l’ingresso sul loro mercato del lavoro per un periodo massimo di sette anni. C’è da supporre che questa possibilità   non verrà   trascurata da qualcuno dei 25.
Se molta è ancora la strada da fare per questi due Paesi, prevalentemente agricoli e con un tenore di vita nettamente più basso di quello dell’Unione (con indicatori socioeconomici che fanno registrare valori pari a un terzo rispetto a quelli comunitari), i problemi che si pongono all’Unione nel suo percorso di allargamento sono tanto cruciali quanto urgenti da affrontare.
In primo luogo il funzionamento stesso delle sue Istituzioni. La mancanza di una Costituzione e il disorientamento politico che è seguito ai «No» francese e olandese non hanno permesso l’introduzione di quelle riforme necessarie legate soprattutto al processo decisionale determinandone una conseguente paralisi. In secondo luogo, le attese dei nuovi Stati membri di far parte e condividere nella vita con l’Unione europea uno spazio di stabilità  , democrazia, di diritti, di progresso economico e sociale, richiedono uno sforzo di generosità   e solidarietà   che, purtroppo, non trova riscontro in strumenti e risorse finanziarie adeguate. E infine, la scarsissima partecipazione dei cittadini europei a queste svolte storiche, rende ancor più fragile l’Unione di fronte alle sfide politiche ed economiche che ha davanti.
Sebbene il Presidente della Commissione abbia ribadito in Parlamento la necessità   di affrontare i prossimi allargamenti alla luce e nella prospettiva delle riforme istituzionali e politiche necessarie, è inquietante vedere il crescere di un’instabilità   politica, di ideologie nazionaliste o di sentimenti antieuropei in Paesi di recente adesione, quali l’Ungheria, la Polonia, la Slovacchia, e in parte anche la Repubblica Ceca.
Nel frattempo i negoziati d’adesione vanno avanti con la Croazia, che dovrebbe entrare a far parte dell’Unione entro il 2010. E poi i negoziati con la Turchia, in un contesto geopolitico alquanto instabile : questa futura adesione richiede all’Europa non solo lungimiranza politica, ma anche una maggiore capacità   di aprirsi a nuove culture e convivenze. Infine, più vicino a noi, i Paesi dei Balcani, i quali, reduci da vecchi e recenti conflitti, vedono nell’adesione all’ Europa l’unica garanzia per rinsaldare le loro fragili democrazie e costruire la pace.
L’Unione europea non puಠpermettersi quindi di arenarsi: la sua costruzione, tuttora in corso e unica nel suo genere, è essenziale non solo per consolidare quei valori che ha già   generato sul vecchio continente da cinquant’anni a questa parte, ma soprattutto per costruire il futuro.
E per questo è indispensabile che il coraggio politico delle sue Istituzioni sia fortemente sostenuto e condiviso dai cittadini europei.

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