Italia e UE: traversie e opportunità

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Non mancano traversie e preoccupazioni in questi ultimi mesi, in particolare dopo l’invasione russa in Ucraina. L’inflazione droga i prezzi, le bollette in arrivo sono da capogiro, sembra rifarsi vivo anche il Covid e da Mosca Putin e la sua banda di criminali uccidono senza pietà e, per fare buon peso, minacciano anche il ricorso all’arma nucleare. Tutto questo per limitarci al tramonto della “Felix Europa”, tralasciando i drammi nel resto del mondo.

Su questo sfondo tendono a sfumare altre preoccupazioni nostrane, come quelle che hanno fatto seguito al voto del 25 settembre, mentre crescono invece quelle di chi dall’estero guarda a questa nostra penisola che, nonostante tutto, continua a galleggiare nel mare di una politica confusa e fragile. Sono preoccupate le cancellerie degli altri Paesi UE e, con discrezione, fanno capire di essere preoccupate le Istituzioni comunitarie e addirittura Biden, con tutti i problemi che ha in casa, ci indica come un cattivo presagio per il futuro della democrazia, quella americana compresa.

Che il momento sia difficile e ad alto rischio di instabilità, non solo economica ma anche politica se non istituzionale, è superfluo ricordarlo: vale per l’Italia e per l’Unione Europea.

La mappa politica del continente, Regno Unito compreso, sta cambiando colore svoltando verso politiche di destra: lo aveva rivelato l’esito del voto alle elezioni legislative in Francia un anno fa, ce lo ha ricordato il risultato elettorale l’11 settembre in Svezia, lo ha confermato due settimane dopo il netto successo della coalizione di destra-centro in Italia e, per quello che può contare, l’affermazione della destra anti-europeista il 2 ottobre in Bulgaria. Tutto questo mentre la nuova premier britannica, Liz Truss, debuttava con una disastrosa politica economica e finanziaria a base di abbattimenti fiscali, condannata dal Fondo monetario internazionale persino dagli alleati americani, con la conseguenza umiliante di una precipitosa retromarcia. 

Nell’UE la difficoltà a dare una risposta alla grave crisi energetica in cui siamo piombati sta risvegliando vecchi demoni nazionalisti, non solo da parte della solita Ungheria, ma anche – come sul tetto europeo al prezzo del gas – da due importanti Paesi fondatori delle prime Comunità europee come la Germania e l’Olanda, responsabili di misure di sapore sovranista.

Dell’Italia sappiamo tutto o quasi: di come siamo usciti da una sciagurata crisi di governo e di come siamo entrati in una “terra sconosciuta”, in una stagione di forti tensioni politiche e sociali. Il futuro governo dovrà rispondere a sfide da brivido e non potrà fare a meno di guardare all’Europa per reggere all’urto della crisi, anche per evitare di dissanguarsi finanziariamente dopo il rilevante esborso di 66 miliardi di euro per misure di sostegno a famiglie e imprese, mentre l’attende a breve una nuova legge di bilancio che dovrà fare i conti con il macigno incombente del debito pubblico.

Purtroppo le traversie dell’Italia si saldano con quelle che vive l’Europa, impegnata a resistere all’aggressione russa, non solo contro l’Ucraina, ma anche contro l’UE, con il ricatto dell’arma del gas in una guerra europea “ibrida”, annunciata dai sabotaggi, per ora solo a nord, dei gasdotti che alimentano i nostri consumi di energia.

Vengono in soccorso le parole sagge di due europei, un politico francese e un filosofo italiano. Nel 1950 ci aveva avvertito Jean Monnet, un Padre fondatore della futura Europa unita: “L’Europa si farà nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni apportate a queste crisi”. Per l’UE è il momento di dimostrarlo, ricordando la parole di tre secoli fa del nostro Giambattista Vico: “Parean traversie ed erano opportunità”.

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