Poteva essere la solita liturgia quella dell’intervento all’Assemblea Generale dell’ONU di Mario Monti di mercoledì scorso e forse così l’avrebbero presa molti suoi predecessori, limitandosi a discorsi di maniera e evitando temi imbarazzanti.
Una tentazione che deve avere avuto anche il nostro Presidente del Consiglio, reduce da una stagione di crisi crescente, con un’economia in recessione, una montagna di debito pubblico sotto attacco della speculazione finanziaria e un paesaggio politico italiano per molti aspetti impresentabile all’indomani degli scandali della Regione Lazio e alla probabile vigilia di scoperte analoghe in altre parti d’Italia.
Come se non bastasse, sarebbe toccato a Monti raccontare quello che sta facendo – e, più ancora, quello che non ha fatto – l’Europa per affrontare la crisi, e non solo quella finanziaria ed economica che imperversa dal 2008, ma anche quella sociale e politica, diventata esplosiva in questi ultimi tempi, con il rischio di minacciare la salute già malferma delle nostre democrazie.
All’Assemblea Generale dell’ONU il Presidente del Consiglio è intervenuto, come da copione, sulla situazione internazionale e in particolare sulla perdurante instabilità di alcune importanti regioni del mondo, con un’attenzione particolare alle turbolenze nel Medioriente e al ruolo che vi giocano le religioni. Non è mancato il richiamo a quanto sta accadendo nella zona euro, oggetto di preoccupazione in molte parti del mondo: Monti ha confermato che un’Europa più unita e più forte è nell’interesse non solo degli europei e ha ricordato le misure già adottate dall’UE, alle prese con la peggiore crisi della sua storia.
Di questo e di altro ancora ha parlato Monti, raccontando più dell’Italia che sta cercando di costruire che non delle macerie che ha trovato, restando discreto su temi imbarazzanti come quello della debolezza della classe politica italiana, del persistente alto tasso di corruzione che in Parlamento una ben identificata forza politica non vuole affrontare e della difficoltà con la quale avanza il suo programma di riforme.
A proposito dell’Europa, di cui è diventato portavoce ascoltato e apprezzato, in particolare negli Stati Uniti, ha ricordato quanto sia importante per il mondo la vitalità dell’UE, cercando conforto in un passato che ha registrato per l’Europa altre crisi, dalle quali è sempre uscita più forte.
Anche all’ONU Monti si è augurato “più Europa”, ma chiedendo che intanto i governi nazionali si assumano le loro responsabilità. Nell’ombra è rimasto il tema dell’Unione politica, difficile dire se per prudenza diplomatica o per un senso di realismo che a tratti sfiora la reticenza, se non qualcosa che assomiglia allo scetticismo.
Da New York Mario Monti se ne è tornato a casa lasciandovi un’immagine dell’Italia che tenta, e stenta, a lasciarsi alle spalle un passato non proprio esemplare, ma fermamente intenzionata a ritrovare un ruolo e una rinnovata credibilità nel processo di integrazione europea e nel concerto internazionale, decisa a risanare la propria economia e, si spera, anche la propria politica.
Una speranza ancora fragile che spinge molti ad augurarsi che l’agenda del governo Monti possa continuare anche dopo le elezioni politiche, magari con Monti stesso alla testa di un nuovo governo dopo il voto di primavera.