Il ritorno in Europa dei vecchi fantasmi

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Molte cose stanno cambiando in questa nostra vecchia Europa che resta vecchia non solo per l’età crescente della sua popolazione, ma anche per le sue mai spente tentazioni nazionaliste, rimodellate da disegnare una nuova carta politica dell’Europa, complice la crisi e l’inadeguatezza della sua classe politica.

Nel secolo scorso regimi totalitari avevano precipitato l’Europa, appena uscita dalla prima guerra mondiale, in un conflitto non meno tragico. Parve allora che la sconfitta del nazismo e del fascismo prima, di governi autoritari poi in Grecia, Portogallo e Spagna e, infine, la dissoluzione dell’Unione sovietica, avessero messo le nostre ritrovate democrazie al sicuro.
Forse ci siamo illusi, ma siamo ancora in tempo ad aprire gli occhi, cominciando a guardare con attenzione la nuova carta politica d’Europa e le venature di colore scuro che l’attraversano: non solo il nero delle estreme destre, ma anche il grigio di movimenti populisti ad alto rischio per democrazie fragili come le nostre.
Due segnali recenti non lasciano dubbi: il recente successo alle amministrative francesi del Fronte nazionale di Marine Le Pen e quello del partito Jobbik nelle elezioni politiche in Ungheria, con il 20,7% dei consensi.
In Francia non inganni il numero relativamente limitato delle municipalità conquistate dalla Le Pen e il suo “nuovo” profilo, apparentemente più presentabile. Il suo partito non è molto cambiato da quando accusava di ogni male stranieri e ebrei, sostituiti adesso da Europa e musulmani. E si deve al meccanismo elettorale se per adesso il Fronte nazionale si è fermato sotto la barra del 10%: sarà tutt’altra musica alle elezioni europee dove è possibile un superamento del 20%.
Più chiara, e anche più grave, la situazione in Ungheria: il 20,7% del partito Jobbik ha il colore nero del neonazismo, persecutore dei Rom e pronto ad aprire un conflitto con la Romania, per non parlare dell’avversione viscerale verso l’UE e la sua moneta unica. Il guaio è che questo movimento fascista in crescita va a saldarsi con il governo nazionalista e anti europeo del premier Viktor Orban, detentore di una larga maggioranza assoluta al Parlamento, tale da poter manipolare come crede – e come ha già ampiamente fatto – la Costituzione in senso autoritario.
Poco lontano in Grecia, nell’UE da oltre trent’anni, cresce un altro partito neo-nazista, quell’Alba dorata della quale uno scandalo di questi giorni ha rivelato la connivenza con il partito al governo, Nuova Democrazia, aderente al Partito popolare europeo (Ppe).
Se dalle frontiere orientali ci riportiamo al centro dell’UE, in presunte democrazie consolidate nel tempo, ci aspettano i movimenti neonazisti, e dintorni, in Austria e Germania, i partiti a dominante autoritaria e xenofoba in Belgio e in Olanda, il Paese di Anna Frank, dove cresce l’estremismo di destra di Geert Wilders.
Non sembrano vaccinati dai virus del populismo di destra nè la Gran Bretagna alle prese con il Partito nazionale britannico, decisamente anti europeo, nè le mitiche democrazie nordiche che covano movimenti populisti come quello in Finlandia dei “Veri finlandesi”, dei “Democratici” in Svezia e dei “Popolari” in Danimarca.
La somma aritmetica di questi partiti potrebbe portare nel futuro Parlamento europeo una componente di destra autoritaria, alla quale rischia di aggiungersi una componente anti europea, di incerto colore politico, come i grillini in Italia (la Lega è orientata a un’alleanza bislacca con la Le Pen) o gli anti euro in Germania: tutti insieme potrebbero trovare il consenso di un elettore su quattro.
Fortunatamente la politica non coincide necessariamente con l’aritmetica e le alleanze possono modificare la mappa europea. Senza auspicabili ripensamenti degli astensionisti, è  probabile che dopo il voto di maggio troveremo da una parte, movimenti antieuropei in difficoltà ad aggregarsi tra loro e, dall’altra, un’alleanza obbligata, stile “larghe intese”, tra il Partito popolare europeo (Ppe) – dove convivono per l’Italia FI, NCD e UDC – e il Partito socialista europeo (Pse), al quale ha aderito il PD italiano.  PPE e PSE insieme sono detentori di un’ampia maggioranza nel Parlamento europeo, ma in difficoltà ad accordarsi per la ricostruzione di una “nuova Europa”, come la vogliono i Verdi europei e, a sinistra, la lista “Tsipras”.
Sarebbe una ulteriore situazione di stallo, una manna per i partiti nazionalisti, pericoloso terreno di coltura per le destre estreme e incubatore di rischi per la democrazia e la pace in Europa.

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