I BRICS sulla scena globale

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I cinque Paesi appartenenti ai BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), guardati finora con distrazione dalla comunità internazionale e, in particolare, dall’Occidente, hanno segnato un passo rilevante in occasione del loro Vertice tenutosi a Johannesburg dal 22 al 24 agosto scorso.

Sono cinque Paesi, cinque economie emergenti, che iniziano la loro storia di gruppo a cavallo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, diversi fra loro sotto vari punti di vista, ma uniti da un’evidente e costante crescita economica e demografica. Non solo, li ha uniti anche la percezione di un mondo dominato dall’Occidente, da Istituzioni internazionali nate alla fine della seconda guerra mondiale, in particolare le Istituzioni di Bretton Wood le quali, ai loro occhi, hanno emarginato i “Paesi del Sud” e non sono, oggi più che mai, in grado di affrontare le sfide globali nel contesto di un ordine mondiale più equo, inclusivo e multipolare.

La guerra mossa dalla Russia all’Ucraina e le sue ricadute politiche ed economiche, le sanzioni occidentali, le posizioni di neutralità e di non condanna nei confronti di Mosca da parte di molti Paesi, il conflitto latente e pericoloso fra Cina e Stati Uniti, le interdipendenze finanziarie e il ruolo preponderante del dollaro, sono alcuni fra gli elementi più recenti che hanno spinto i BRICS a rafforzare la loro unione e a mettere in evidenza, soprattutto nei confronti del G7, il loro peso economico e demografico. In effetti ad oggi, i BRICS contano per più di un quarto del PIL mondiale e rappresentano il 40% circa della popolazione mondiale.

Durante il Vertice di Johannesburg i cinque Paesi, oltre ad annunciare l’intenzione di creare una nuova moneta comune in opposizione al dollaro, hanno soprattutto preso la decisione di aprire la loro unione a nuovi membri, sei in tutto, a fronte di una quarantina di Paesi candidati. Si tratta di Argentina, Egitto, Iran, Etiopia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, raggiungendo in tal modo, a partire dal primo gennaio 2024, il 36% del PIL mondiale e il 47% della popolazione dell’intero Pianeta.

A guardare più da vicino il profilo dei futuri nuovi membri, appare evidente l’orientamento dei BRICS ad aprire, in particolare, verso l’Africa e verso il Medio Oriente, due direzioni particolarmente care alla Cina. Per quanto riguarda l’Africa, l’Etiopia, ad esempio, rappresenta una delle economie africane in più rapida crescita, ha la seconda popolazione più numerosa del continente, è sede dell’Unione Africana ed è geograficamente strategica nel Corno d’Africa, all’incrocio delle vie marittime che collegano l’Europa e l’Asia.

L’adesione di Arabia Saudita e Iran, due Paesi reduci da un lungo passato di rivalità e conflitto in Medio Oriente, nonché di altri Paesi del Golfo, indica in particolare non solo la futura presenza nei BRICS di Paesi grandi produttori di petrolio, ma anche di Paesi in grado di finanziare la New Development Bank, l’istituzione finanziaria per lo sviluppo dei BRICS con sede a Shanghai.

Se a Johannesburg i BRICS hanno fatto, malgrado le loro evidenti divergenze strategiche (Cina e India in particolare), un significativo progresso nell’allargamento della loro unione, è altrettanto vero che hanno mandato un segnale politico, economico e finanziario, da non sottovalutare, al mondo occidentale ed atlantico. Un segnale i cui sviluppi sono ancora da definire, soprattutto in termini di valori e di rispetto delle regole internazionali, ma che indicano senza mezzi termini che il mondo sta cambiando e che nuovi attori si stanno organizzando per contare sempre più sulla scena globale.

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