È lunga la lista di tensioni, tra loro intrecciate, che alimentano la vita del nostro continente, in un mondo che altre tensioni e conflitti aggiunge a quelle dell’Europa.
In casa nostra, nell’Unione Europea, le crisi indotte dalla guerra della Russia all’Ucraina si annunciano severe, con il loro seguito di rischi di recessione economica e di ulteriore aggravamento delle disuguaglianze e delle povertà. Ne risente il quadro politico generale che vede affermarsi nuove maggioranze politiche, tanto all’interno dei singoli Paesi, che nello spazio istituzionale europeo.
Hanno ripreso vita e crescono orientamenti sovranisti dopo recenti elezioni nazionali ed altri non tarderanno a manifestarsi nelle prossime consultazioni elettorali, compresa quella che fra un anno e mezzo, a maggio del 2024, formerà il nuovo Parlamento europeo e, successivamente, contribuirà al ricambio ai vertici delle Istituzioni UE, ad eccezione della Banca centrale europea, la cui presidenza, non rinnovabile, sarà in scadenza solo nel 2027.
Viviamo una difficile fase di transizione: dal ritrovato protagonismo dell’UE, quello della lotta alla pandemia e della solidarietà all’Ucraina, al tentativo di ripresa di ruolo dei poteri nazionali, in nome di identità culturali e di interessi economici difficili da comporre in politiche di coesione e di solidarietà.
In occasione della morte del papa emerito Benedetto XVI, ambienti politici conservatori hanno risollevato con qualche semplificazione il tema dell’identità europea, con il rischio di dimenticarne la complessità, quella che intreccia la storia in movimento di tre grandi capitali della nostra comune cultura: Atene e la sua sapienza, Gerusalemme e la sua profonda religiosità e Roma, laboratorio di cittadinanza e del diritto.
Non è un caso che nella lista delle nostre capitali fondative non figuri Bruxelles che per queste diverse culture deve proporsi come luogo di dialogo, nel rispetto della laicità della politica e dell’incontro delle culture. L’Unione Europea è consapevole che viviamo tutti in una “comunità di minoranze” dove nessuno può pretendere di imporre i propri interessi e nemmeno i propri valori di riferimento, e tutti dobbiamo restare aperti a un futuro per definizione incerto, ma che certo non riprodurrà il passato.
Sarebbe un grande spreco di storia, con tutte le sofferenze che ha conosciuto, cedere alla tentazione di guardare indietro, a società che mai furono monolitiche e a costruzioni politiche che hanno dimostrato nel tempo tutta la loro fragilità.
“Coraggio, non abbiate paura” è la bandiera di chi guarda avanti, di lì viene il pericolo di ridurre gli spazi della democrazia e del dialogo, di aggravare le ingiustizie e di calpestare diritti conquistati a caro prezzo, con il sacrificio di molti.
Non abbiamo bisogno di riprodurre regimi come quello iraniano, né dittature come quella russa, peggio se alimentate da forme di religiosità incompatibili con il vivere civile di “minoranze” che la storia ha prodotto e poi protetto, un’eredità difficile da governare ma anche una ricchezza da non sprecare.
Questo 2023 appena iniziato sarà un banco di prova per costruire percorsi di pace, di rispetto dei diritti e anche per la costruzione di una nuova Unione Europea, più coesa e più solidale, con una “identità plurale” la cui caratteristica non può che essere la convivenza pacifica di “identità particolari”, in uno spazio di democrazia partecipativa, rafforzata da una laica democrazia rappresentativa, liberata dal virus della corruzione e dei soli interessi di parte.
Tocca fin d’ora al Parlamento europeo indicare la strada e ai governi nazionali nell’UE convergere su politiche comuni, per assicurare una convivenza pacifica tra tutti i loro cittadini.