Euro al capolinea?

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E adesso teniamoci tutti forte. Anche quelli che fino a ieri speravano – o fingevano di credere o volevano farci credere – che la crisi economica volgesse alla fine e che quella finanziaria fosse ormai sotto controllo. Pensavano costoro che ormai fossimo alle scosse di assestamento e che il terremoto fosse alle spalle. Purtroppo potrebbe non essere così.
L’Unione europea non è ancora uscita dallo shock provocato dalla bancarotta della Grecia e si trova a dover affrontare un’altra situazione catastrofica, quella dell’Irlanda, col timore che possano seguire a ruota il Portogallo, dove cresce l’agitazione sociale, e la Spagna, dove cresce lo «spread» sui Bund tedeschi.
Per un momento era parso che l’intervento, per una volta tempestivo, dell’UE insieme con il Fondo monetario internazionale (FMI) avesse tappato anche la falla irlandese evitando il contagio per gli altri Paesi dell’eurozona. Non l’hanno pensata così i mercati finanziari, testimoni le borse in caduta e l’euro gravemente indebolito.
Era buona regola nel tempo, da parte dei responsabili politici e monetari, seguire con discrezione simili avvenimenti e se necessario intervenire, ma raccontarlo solo dopo. Davanti al nervosismo dell’opinione pubblica, quella tedesca ma non solo, sono state invece rese dichiarazioni che non sono passate inosservate e che hanno contribuito a peggiorare rapidamente la situazione.
In questo esercizio pericoloso si è distinta a più riprese soprattutto la cancelliera tedesca Angela Merkel, prima evocando una ristrutturazione del debito per i Paesi in difficoltà   e chiamando a pagare il conto i privati e le banche, poi dichiarando che l’euro è in «una situazione eccezionalmente seria». A poco sono valse le rassicurazioni del presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet, custode della solidità   dell’euro e ultimamente in contrasto, nemmeno tanto velato, proprio con Merkel.
La classe politica italiana, in tutt’altre faccende affaccendata, sepolta sotto i rifiuti di Napoli e alle prese con tattiche senza fine su un governo ormai alla fine, non sembra essersi agitata più di tanto.
Di ritorno dal vertice NATO di Lisbona, il presidente del Consiglio – tra una telefonata e l’altra per sedare la grana della «signora» Carfagna, ci ha raccontato del suo ruolo decisivo nell’accordo epocale tra USA e Russia su comuni difese anti-missile. Ha fatto bene a dirlo e a ripeterlo, anche perchà© nessun altro in Europa se ne era accorto.
Complessivamente quindi una distrazione del governo, appena un momento interrotta dalle rassicurazioni del ministro Giulio Tremonti che ha ripetuto da Bruxelles che l’Italia non avrebbe «collassato». Frase così ripetuta al punto da far venire a qualcuno il sospetto che il primo ad aver bisogno di essere rassicurato fosse proprio il ministro.
Ma stendiamo un pietoso velo su questa Italia e le sue penose vicende politiche.
Perchà©, per una volta, preoccupa ancor di più l’Europa e, in essa, il comportamento della Germania che sicuramente qualche ragione ce l’ha a esigere rigore e a non voler incoraggiare i privati a rifarsi dei loro errori sui conti pubblici, soprattutto se questi continuano ad essere prevalentemente quelli tedeschi.
Inquieta un altro aspetto di Merkel: la sua difficoltà   a capire che gli interessi dell’UE sono anche interessi tedeschi, che la sua crescita deve molto al mercato unico europeo e che il suo florido presente deve qualcosa a un passato di solidarietà   da parte degli altri Paesi europei ai tempi dell’unificazione tedesca.
Non è il caso qui di rivangare passati più lontani della Germania, ma non è nemmeno il caso di fare finta di nulla di fronte a questa opzione di Merkel più attratta da un’Europa «alla tedesca» che non da una Germania europea. Eppure è su quest’ultima opzione che è stato costruito l’euro, è su questa scommessa che Helmut Kohl aveva realizzato l’unificazione tedesca. Ed è su questo patto che si regge il progetto di unificazione europea e quel suo fondamentale strumento che è l’euro.
Così non esagera oggi chi teme che con un euro fuori dei binari, possa deragliare anche l’Unione Europea.

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