Per il futuro del lavoro, l’Unione Europea è alla vigilia di una svolta importante.
Il prossimo Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo, che si riunirà a Bruxelles il 27 e 28 giugno, non potrà concludersi senza qualche decisione significativa a sostegno dell’occupazione, in particolare di quella giovanile. Dopo avere a lungo – troppo a lungo – premuto sul freno dell’austerità, l’UE deve finalmente accelerare su stimoli alla crescita e affrontare il tema del lavoro, in un’Europa che conta 26 milioni di disoccupati, con costi sociali ma anche economici insopportabili e rischi per l’ordine pubblico, senza contare l’impatto su un quadro politico instabile in più di un Paese membro.
E’ di pochi giorni fa il richiamo a queste priorità del Fondo monetario internazionale (FMI), non proprio un’organizzazione di estrema sinistra, che critica severamente la Commissione europea per la sua gestione della crisi in Grecia.
Germania e Francia lavorano da tempo ad una proposta congiunta per rilanciare crescita e occupazione in Europa e anche il governo italiano sta premendo sulle autorità comunitarie perché il tema sia al centro del Vertice Consiglio europeo, inizialmente convocato su un altro tema sensibile, quello dell’unione bancaria che stenta a progredire per le resistenze della Germania e che probabilmente passerà in secondo piano nel Vertice di giugno.
In questo contesto si colloca l’incontro a Roma, il 14 giugno, dei ministri del lavoro e dell’economia di Italia, Germania, Francia e Spagna per affrontare insieme il problema e presentarsi a Bruxelles con proposte condivise.
Sul loro tavolo numeri preoccupanti: una disoccupazione oltre il 12% nell’eurozona, sopra il 10% in Francia e destinata a superare il 12% in Italia dove, negli ultimi quattro anni, sono stati persi 600 mila posti di lavoro e i nuovi arrivati alla ricerca di lavoro sono oltre un milione. Mentre intanto continua a salire la disoccupazione giovanile, che ha superato il 40%, con l’Italia tra gli ultimi dei 27, appena prima di Portogallo, Spagna e Grecia.
Le cose vanno un po’ meglio in Piemonte con una disoccupazione al 9,2 % (la più alta nel Nord dell’Italia) e in provincia di Cuneo dove è stato superata la soglia del 6%: metà del tasso medio di disoccupazione in Italia, ma quasi il doppio della disoccupazione nel cuneese rispetto al 2011, quando in molti continuavano ancora a classificarci come “un’sola felice”, al riparo della crisi.
L’Organizzazione mondiale del lavoro (OIL) stima per l’Italia un fabbisogno di un milione 700mila posti di lavoro: questo, in un quadro economico che prevede ancora l’Italia in forte recessione quest’anno e con una debole crescita l’anno prossimo. E tutti sanno che la ripresa dell’occupazione ritarda rispetto alla crescita e che ci vorranno anni prima che si torni ai livelli pre-crisi.
Si tratta di una situazione che ha spinto il governo italiano a cercare alcune prime soluzioni, contando su risorse che si sono rese disponibili dopo l’uscita dell’Italia dalla procedura per infrazione di deficit eccessivo. A Bruxelles si lavora per liberare 9 miliardi di euro dai Fondi strutturali, 600 milioni mirati ad accelerare il passaggio dalla scuola al lavoro e 70 miliardi della Banca europea per gli investimenti destinati a linee di credito a sostegno delle imprese che “offrono una chance ai giovani”. Non è proprio che i soldi manchino del tutto, ma è importante assegnarli con equilibrio e con la massima urgenza. Da queste decisioni dipenderà la praticabilità delle proposte italiane che mirano a portare la disoccupazione giovanile sotto la soglia del 30%, a ridurre le tasse sul lavoro, puntando ad avviare centomila nuove assunzioni.
Per obiettivi così ambiziosi, a Bruxelles bisognerà andare a testa alta e negoziare con determinazione senza per questo farne una guerra con Angela Merkel, anche perché in questa fase già sarebbe importante che cessasse la guerra all’interno della maggioranza di governo.