Donazioni alimentari in Europa: uno studio comparativo

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La pubblicazione del  CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) prende le mosse dal Parere “Prevenzione e riduzione degli sprechi alimentari”, adottato nel marzo 2013, con l’obiettivo di sostenere l’azione dell’UE e degli Stati membri nella creazione di una strategia coordinata di lotta allo spreco alimentare, ambito in cui non esiste una politica comune europea.

A partire da un esame della legislazione vigente, delle pratiche più diffuse a livello UE e dei principali ostacoli alla piena implementazione delle buone pratiche, il CESE formula alcune raccomandazioni su diverse questioni.

In primo luogo il CESE raccomanda all’UE di pubblicare orientamenti che «privilegino la prevenzione dello spreco alimentare e la donazione di derrate alimentari» a fronte di altre modalità di gestione delle eccedenze (compostaggio, digestione anaerobica, collocamento in discarica). Stabilendo questa gerarchia – che gli Stati membri dovrebbero integrare nei loro piani nazionali di riduzione dei rifiuti –  l’UE indicherebbe in maniera chiara a imprese e decisori politici che «la priorità deve essere quella della redistribuzione».

In tema di utilizzo della leva fiscale come incentivo alla donazione di derrate alimentari, lo Studio rileva come le strade percorse dagli Stati membri siano due: la detrazione IVA del valore delle merci donate oppure la creazione di crediti di imposta sul reddito delle società, applicata alle aziende del settore che donano. Si tratta – sostiene il CESE – di strade che sono entrambe percorribili, anche se le detrazioni IVA suscitano dubbi quanto alla compatibilità con la normativa comunitaria e potrebbero annullare gli effetti positivi dei crediti di imposta

Altra questione affrontata nello Studio è quella della responsabilità civile e penale dei donatori rispetto alla qualità e alla commestibilità dei prodotti donati (con riferimento soprattutto ai termini di scadenza dei prodotti), il CESE si schiera a favore dell’adozione di una «posizione comune UE che limiti la responsabilità attribuibile ai donatori soprattutto per i prodotti correttamente etichettati e donati in buona fede» ma chiede anche una normativa coerente con gli orientamenti sviluppati dalle imprese del settore, dagli enti caritativi e sostiene la necessità di un «dispositivo chiaro e armonizzato che dia la possibilità di risalire all’origine dei prodotti alimentari, senza imporre alle aziende carichi amministrativi».

Le ultime raccomandazioni riguardano: misure che rendano più facile la cooperazione tra la catena dell’approvvigionamento alimentare e i donatori, l’eliminazione dell’obbligo che incombe su tutte le realtà con la sola eccezione degli empori sociali di fornire alimenti gratuitamente (molte esperienze dimostrano che  si possono implementare forme di reciprocità e restituzione tra beneficiari e donatori senza necessariamente utilizzare il denaro); la revisione delle normative su igiene, conservazione e trasformazione dei cibi (ovviamente nella direzione di una maggiore utilizzabilità in regime di sicurezza alimentare e di qualità); una maggiore pubblicità e diffusione delle informazioni relative agli sprechi prodotti lungo la catena alimentare.

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Testo a cura di Marina Marchisio

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