Diari di guerra 20 – Turchia: un ponte con la Russia e con l’Asia

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Si è riunito il 12 e 13 ottobre scorsi ad Astana, in Kazakhstan, il sesto Vertice della Conferenza sull’interazione e le misure di rafforzamento della fiducia in Asia (CICA). Un Vertice che, in questi tempi di cambiamenti geopolitici dovuti al conflitto mosso dalla Russia in Ucraina, riveste, in prospettiva, particolare interesse. Con l’obiettivo di migliorare la cooperazione, la pace e la sicurezza nell’area asiatica, il Vertice ha riunito i responsabili politici di paesi estesi dalle porte orientali dell’Europa sino all’Asia Nord-orientale. 

Erano presenti infatti, fra gli altri, Capi di stato o rappresentanti politici della Turchia, della Russia, della Cina, del Pakistan, dell’India, dell’Iran, dell’Iraq, del Qatar, della Palestina, dell’Azerbaijan e delle Repubbliche dell’Asia centrale. Un forum composto da 28 Paesi membri che, insieme, danno la misura del ruolo crescente dell’Asia a livello globale.

Il Vertice di Astana era tuttavia atteso con grande interesse per l’annunciato incontro fra il Presidente  Erdogan e il Presidente Putin e per la possibile mediazione di Ankara nel conflitto in Ucraina. Un’attesa vana, anche se la Turchia aveva già dimostrato, viste le relazioni che intrattiene sia con Mosca che con Kiev, di poter giocare un tale ruolo di evidente e ambiguo equilibrismo. I due leader hanno infatti parlato ben poco del conflitto, almeno pubblicamente, ma hanno concentrato il loro incontro sul tema del gas e in particolare sulla proposta di Putin di fare della Turchia una piattaforma per l’esportazione e la fornitura di gas russo (hub del gas) a Paesi terzi, in primis all’Europa. 

Nell’elogiare la Turchia per la sua affidabilità in quanto “via più sicura per le forniture di gas russo” Putin ha proposto che la gestione di tale piattaforma comprendesse anche la definizione dei prezzi del gas, giudicati oggi “esorbitanti” dallo stesso Putin. 

La visione di Putin, che non ha lasciato certamente indifferente Erdogan e la sua ricerca di protagonismo a tutti i livelli, militare, politico, economico e commerciale, si inserisce ovviamente in un contesto molto complesso e solleva non pochi interrogativi. Innanzitutto avviene in un momento in cui le forniture russe di gas all’Unione Europea sono colpite dalle sanzioni e dalle perdite del combustibile dal gasdotto Nord Stream. Il progetto consisterebbe quindi, nella mente di Putin, nello svuotare il Nord Stream che porta gas via la Germania e ridirigere il flusso verso la Turchia, dove già convergono flussi provenienti dal Mar Nero e dall’Asia. In parole semplici Mosca vorrebbe vendere il metano ad Ankara che a sua volta lo venderebbe a Bruxelles. 

La proposta di Putin interviene inoltre in un momento in cui cresce nell’Unione Europea l’emancipazione dal gas russo, con una dipendenza che dal 40% è oggi scesa a meno del 10%. Rimane tuttavia il fatto che, se si concretizzasse un tale progetto,  si aprirebbe uno scenario in cui non solo Russia e Turchia possono regolare i prezzi del gas, ma conferirebbe a Erdogan leve politiche ed energetiche non indifferenti nei confronti dell’Europa. Leve che andrebbero ad aggiungersi a quella che la stessa Unione Europea ha già messo, sventuratamente, nelle mani di Ankara nel lontano 2016 per quanto riguarda i migranti, ma anche leve che segneranno un solco sempre più profondo tra la Turchia, l’Europa e la NATO.

Nel frattempo la guerra in Ucraina continua, senza che appaia all’orizzonte uno spiraglio di pace.

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