Diari di guerra

307

Dopo quasi tre mesi dall’inizio della terribile aggressione portata dalla Russia all’Ucraina, gli scenari sul terreno di guerra nonché quelli delle relazioni fra Paesi coinvolti, Occidente e, più nello specifico anche fra Europa e Stati Uniti, sono in continuo movimento.

Sul terreno di guerra, in Ucraina, stanno arrivando aiuti militari sempre più consistenti, aiuti che rafforzano la capacità di resistenza degli ucraini e svelano, con il passare dei giorni, un’inattesa e costante perdita di terreno da parte dei russi, anche se fra tattica e strategia, questi ultimi sembrano concentrare le loro forze intorno alle porte del Donbass. Una situazione di debolezza da parte russa che, se confermata in prospettiva, non mancherà di avere un suo specifico peso in un futuro negoziato se non di pace, almeno di tregua. Sono apparse infatti in questi ultimi giorni le prime riflessioni sul futuro di un dopoguerra, sottolineate in particolare dal Presidente Draghi a Washington con l’idea di un “Piano Marshall” per l’Ucraina.  Un approccio al futuro che ha, per l’Italia e per parte dell’Europa più lontana dai confini russi, l’obiettivo di far sedere al tavolo dei negoziati sia Putin che Zelenski, affinché raggiungano un compromesso. Cosa non da poco, difficilissima e ancora molto lontana ma che rappresenterà una delle vie per delineare, oltre al sostegno militare che l’Occidente continuerà a fornire a Kiev, un orizzonte politico che porti, se possibile, alla trattativa. Spiragli in questo senso si possono inoltre ritrovare nella recente apertura di un canale di comunicazione militare fra Washington e Mosca con la richiesta, da parte del Pentagono, di un cessate il fuoco come condizione per l’avvio di negoziati sui territori occupati dai russi in questa prima fase della guerra. 

Nel frattempo, al di fuori del campo di battaglia, la guerra di Putin sta portando la presenza della NATO sempre più vicina alle  frontiere della Russia, cosa che sembrava essere una delle ragioni principali del suo attacco all’Ucraina. La Finlandia infatti, alla quale seguirà anche la Svezia, dopo una neutralità strategica decisa nel 1948, ha chiesto di aderire con urgenza all’Alleanza atlantica e garantirsi in tal modo quella protezione militare, compresa quella nucleare, e quella sicurezza di cui sente un impellente e comprensibile bisogno. Una prospettiva che rafforza la NATO e aumenta considerevolmente la lunghezza  del confine che separerà quest’ultima dalla Russia, raggiungendo circa  1350 chilometri. Ma una prospettiva che, al di là dell’immediato entusiasmo della maggior parte dei Paesi membri dell’Alleanza, incontra anche un’opposizione da parte della Turchia, membro importante della NATO affacciato sul Mar Nero, indipendente rispetto alle sanzioni occidentali nei confronti della Russia e, ad ora, unico protagonista nei tentativi di dar vita a dei negoziati di cessate il fuoco fra le parti in conflitto. Dal punto di vista del Cremlino, questo allargamento della NATO è vissuto con comprensibile irritazione e ostilità, dove le minacce di escalation nucleare tuonano sempre più forte. Se l’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO rappresenta, come dichiarato dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel “un passo storico per la sicurezza dell’UE”, resta il fatto che tale passo avrà un suo peso nell’ipotetica apertura negoziale con Mosca che si sta  fragilmente delineando all’orizzonte. 

La guerra in Ucraina sembra quindi ad una svolta e lascia già intravedere tutte le sfide che un possibile negoziato racchiude in sé, non solo per Mosca e Kiev, ma per tutto l’Occidente e per l’Europa in particolare. 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here