Dall’Europa qualche buona notizia per le vacanze

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Poiché di cattive notizie sono ormai anni che facciamo il pieno e poiché in molti sospettano che altre non meno brutte siano pronte per l’autunno, come qualcuno già predice, viene voglia adesso di fare un giro in Europa per cercarne di migliori. Un’impresa non facile ma che vale la pena tentare, con la speranza di mettere qualcosa di positivo nel borsone delle vacanze. Per chi in vacanza parte, ma anche – e sono molti – per quelli che restano e in questa Europa vivono.

E partiamo proprio di qui, da questa Europa che malgrado tutto vive e dove, nonostante i molti problemi, si vive ancora meglio che non in molte altre parti del mondo. Un’evidenza che spesso trascuriamo, bombardati come siamo dai molti profeti di sventura che hanno annunciato imminente il crollo dell’euro e, con esso, quello dell’Unione Europea. E invece negli ultimi mesi l’UE è cresciuta: un nuovo Paese – la Croazia – è entrata a farne parte e un altro suo Stato membro –  la Lettonia – adotterà l’euro a partire dal 1° gennaio prossimo.

La miccia che poteva rischiare di far esplodere l’UE sarebbe dovuta partire dalla Grecia, stremata dal dissesto finanziario, dilatarsi a Portogallo e Spagna e raggiungere l’Italia: per adesso, tutti questi Paesi, pur malandati, sono rimasti a galla anche grazie alla rete di protezione stesa dalla Banca centrale europea (BCE), quella stessa che esattamente due anni fa aveva contribuito a mandare a casa il governo Berlusconi per salvare l’Italia dal fallimento.

In un anno difficile come questo, con la Germania paralizzata dalla vigilia elettorale, la Francia con un Presidente incerto, la Gran Bretagna che minaccia secessione e l’Italia in tutt’altre faccende affaccendata, è quasi un miracolo che nell’UE non si sia fermata la marcia, pur lenta, verso quell’unione bancaria, argine urgente per le turbolenze che ancora si annunciano all’orizzonte e passaggio obbligato verso un’unione politica sempre più necessaria.

Tra mille difficoltà ci stiamo avviando al nuovo bilancio settennale dell’UE, che ci accompagnerà dal 2014 al 2020 con non poche novità e tra queste anche delle opportunità che l’Italia dovrà saper cogliere, oltre ad imparare a spendere correttamente i consistenti fondi che le sono attribuiti, possibilmente nei tempi convenuti e evitando le molte frodi del passato.

Il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del giugno scorso ha mandato qualche segnale di apertura in favore della crescita e dell’occupazione, pur mantenendo ancora serrata la tenaglia dell’austerità e del risanamento dei conti pubblici. Per l’Italia si è trattato di una boccata di ossigeno, che le ha permesso di cominciare a saldare i debiti verso le nostre aziende e rendere possibili nuovi investimenti.

Gli ultimi dati dell’economia europea resi pubblici nei giorni scorsi raccontano di indici di fiducia che crescono in Germania, di un’accelerazione della crescita in Gran Bretagna, di una riduzione della disoccupazione in Spagna. Complessivamente gli indicatori dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OCSE) segnalano per l’economia “l’avvio di una fase di recupero già nel 2013”, e un netto miglioramento nel 2014.

Purtroppo il contributo dell’Italia a questo cauto ottimismo resta modesto: mentre, secondo il Centro Studi di Confindustria, “ordini ed esportazioni stanno confermando l’attenuazione della recessione nell’industria italiana”, continua ad aggravarsi la disoccupazione, con 3 milioni 140mila persone in cerca di lavoro.

Tutto questo in un’Europa viva e vegeta. Sperando che, nei mesi che verranno, viva di più e vegeti di meno.

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