Dalla Francia un avvertimento all’Europa

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È finita com’era prevedibile che finisse. La seconda tornata delle elezioni amministrative francesi ha castigato severamente François Hollande e il partito socialista, ha dato una forte spinta ai partiti di centro e portato alla ribalta i nazionalisti anti europei di Marine Le Pen. Ha perso terreno anche la democrazia con un’impennata dell’astensionismo, già forte al primo turno e aggravatosi con il ballottaggio di domenica.
Sono risultati che vengono da lontano, dalle elezioni presidenziali del 2002, quando Le Pen padre si lasciò alle spalle Lionel Jospin e venne fermato dal “voto repubblicano” in favore di Chirac. A queste amministrative l’alleanza repubblicana non ha funzionato come allora e Le Pen figlia ha incassato un innegabile successo.
Un successo favorito dalla leadership debole di Hollande, incapace di contrastare il declino economico e politico della Francia e costruito dalla Le Pen sul tentativo riuscito di rendere presentabile una estrema destra che non ha rinunciato alla sua sostanza nazionalista e xenofoba.
Al di là delle conseguenze che questo voto avrà sul quadro politico francese, con l’imminente rimpasto di governo, va registrato il segnale che questo voto manda all’Unione Europea, alla vigilia delle elezioni di maggio per il Parlamento europeo.
Si conferma la previsione di un rafforzamento di forze populiste e anti europee e l’indebolimento di quelle forze politiche di centrodestra e centrosinistra, tradizionalmente favorevoli al processo di integrazione europea.
Purtroppo sembra confermarsi anche un alto tasso di astensione che già nelle elezioni del 2009 si attestò attorno al 50%.
Ma i rischi non finiscono qui: sembra anche minacciato il sogno europeo di un continente finalmente unito e solidale, orizzonte per una nuova democrazia tra le nazioni, dopo aver realizzato la democrazia dentro ciascuna nazione.
Si stanno diffondendo in Europa movimenti che fanno leva sulla paura dei cittadini di vedere il loro Paese invaso dallo “straniero”, nostalgici di una pretesa sovranità nazionale, minacciata dal processo di integrazione europea e dalla “spietatezza” dell’euro e dal suo presunto mandante a Berlino.
Come avvenuto in Francia, si diffonde il timore che saltino gli argini opposti finora concordemente dai partiti tradizionali alle destre populiste e che, come in Francia, solo metà dei cittadini ritengano queste destre nazionaliste e xenofobe un pericolo per la democrazia.
Si tratta di una sottovalutazione pericolosa che induce le destre democratiche a rincorrere quelle estreme nel tentativo di annettersene gli elettori: ne è indizio in Italia l’approdo della Destra di Storace in Forza Italia e l’alleanza della Lega con il Fronte nazionale lepenista francese, dal quale si è però dissociato il Movimento 5 Stelle.
Una situazione che non trova per ora risposte convincenti nemmeno in una sinistra europea troppo disattenta e pericolosamente preda del demone della divisione.
In Germania il partito socialdemocratico al governo sembra molto più attento agli interessi tedeschi che a non a quelli europei, al punto che un’osservatrice attenta come Nadia Urbinati evoca “quanto successo nel 1914, quando i partiti socialisti ruppero l’alleanza internazionalista per schierarsi con gli interessi dei loro rispettivi Paesi, alimentando la crescita prepotente dei nazionalismi, poi confluiti con straordinaria celerità verso plebiscitarismi di massa, fascisti e populisti”.
Forse, allo stato, l’allarme può suonare eccessivo, ma è benvenuto se può servire a prevenire altre tragedie per l’Europa.
Meno di due anni fa l’UE ha ricevuto il Nobel per la pace, lasciando più d’uno perplesso al pensiero dei molti conflitti ai suoi immediati confini, da essa non sufficientemente contrastati, quando addirittura non alimentati.
È venuto il momento, ed è adesso, di meritarlo appieno quel premio, spazzando via le nubi che incombono sul nostro continente, assicurandogli la pace, rafforzandone la democrazia e riprendendo il cammino smarrito della solidarietà.

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