Brexit, non se ne può più

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Di questi tempi l’Unione Europea sembra dotata di poche virtù, ma una di sicuro le è rimasta: la pazienza, in particolare quella dimostrata da oltre tre anni a questa parte nei confronti del Regno (ancora) Unito vittima, per sua libera scelta, della sciagurata vicenda di Brexit.

A dire il vero si tratta di una pazienza antica fin da quando, già negli anni ‘60, il Regno Unito manovrava per creare un’area di libero scambio, soppiantata dalla Comunità europea che saggiamente i Padri fondatori contennero a lungo al di qua della Manica. Passarono circa vent’anni di contrastate trattative fino a quel 1973, quando il Regno Unito aderì alla Comunità europea, la CEE di allora, mettendo un piede sul continente e tenendone uno in casa propria, dissociandosi poi via via dal processo di integrazione europea, rifiuto dell’euro compreso, fino ad innescare con l’azzardato referendum del giugno 2016 una complicata procedura di divorzio dall’UE che, a tutt’oggi, tarda a concludersi.

La settimana scorsa abbiamo assistito all’ennesimo episodio della soap opera che certo non fa onore alla più antica democrazia del mondo e la cui teatralità farebbe vergognare il grande Shakespeare. Al Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo del 17-18 ottobre un accordo era stato concluso tra il Premier Boris Johnson e i Ventisette, ma appena due giorni dopo, sabato 19, il Parlamento britannico lo ha bloccato provocando un ulteriore rinvio della decisione per l’uscita dall’UE, prospettando la richiesta di altri tre mesi di proroga.

Comprensibile il crescente nervosismo tra i Ventisette e la tensione tra chi, come Emmanuel Macron, vorrebbe voltare pagina e mettere fine allo psicodramma e chi, come Angela Merkel, preferirebbe ancora cercare una soluzione condivisa per evitare un’uscita traumatica del Regno Unito con pesanti conseguenze per tutti e per la Germania in particolare.

Dopo l’invio sabato a Bruxelles di tre lettere del governo britannico che si contraddicevano tra di loro, una per chiedere un rinvio della data di uscita, l’altra per dire che questa richiesta era un errore e la terza per tentare di spiegare l’inspiegabile, la diplomazia si è rimessa al tavolo per capirci qualcosa e tentare ancora una volta di trovare una quadra all’impossibile “quadratura del cerchio”, quella di portare fuori dall’UE il Regno Unito lasciandovi dentro, almeno per qualche tempo, l’Irlanda del nord, acrobazia che la povera May aveva rifiutato.

Quell’ennesimo “no” del Parlamento non ha scoraggiato Johnson che ci ha riprovato, trovando lunedì 21 la strada sbarrata ed è tornato alla carica martedì, ottenendo un sì di principio all’accordo, in italiano si direbbe “salvo intese”, ma senza riuscire ad imporre il suo calendario accelerato di approvazione del testo finale dell’accordo. E’ però impossibile che, a questo punto, possa essere rispettata la data di uscita del 31 ottobre, dovendo anche il Parlamento europeo dare il suo consenso. Contro la sua volontà Johnson, suo malgrado, è stato costretto a chiedere un ulteriore rinvio, accompagnato dalla richiesta al Parlamento di consentire elezioni politiche anticipate il prossimo 12 dicembre.

Il ricorso anticipato alle urne era già avvenuto con Theresa May e si concluse con una sonora sconfitta dei conservatori, ma Johnson spera di avere migliore fortuna e intanto Brexit rischia altre sorprese, come il possibile ricorso a un nuovo referendum confermativo per uscire dalla trappola in cui il Regno Unito si è cacciato.

Era difficile creare maggiore confusione ma, onore al “merito”, finora i britannici ci sono brillantemente riusciti. C’è da sperare che, al di qua della Manica, prevalga nel Consiglio europeo UE un difficile equilibrio di saggezza e determinazione e non si perda più altro tempo.

3 COMMENTI

  1. Bravo Franco pour cet article qui résume avec clarté et humour les derniers rebondissements de nos collègues les Grands Bretons.

    Ce qui est déroutant c’est qu’en attendant, à Bruxelles, on ne prend pas assez de temps pour se pencher sur d’autres sujets qui mériteraient toute notre attention: migration, climat, affirmation des partis d’extrême droite dans les urnes etc …

    Cordialement,
    Isabelle

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