Un quadro drammatico caratterizzato da situazioni di crescente bisogno e costanti abusi nei rapporti di lavoro
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha recentemente pubblicato un rapporto relativo alla situazione del settore dell’assistenza domiciliare in convivenza, frutto di visite di studio ed interviste realizzate in alcuni dei principali Paesi di provenienza e di destinazione del personale impiegato nel settore (Regno Unito, Germania, Italia e Polonia).
L’indagine si inserisce nel quadro delle iniziative intraprese dal CESE in seguito all’emanazione del parere “I diritti dei lavoratori conviventi prestatori di cure e assistenza”, il primo in Europa a presentare una strategia complessiva per la gestione dell’impiego nel settore.
Dal rapporto emerge una condizione ben oltre i limiti della sostenibilità, gravata da numerose carenze strutturali. Il progressivo invecchiamento della popolazione europea e il correlato aumento del numero di malati cronici ha determinato – e continua a determinare – un costante aumento della domanda di assistenza. A fronte di tale domanda, il sostegno delle politiche pubbliche al settore è stato carente, sia in termini di investimenti che di normative, privando le persone bisognose di assistenza della garanzia di potersela procurare a costi sostenibili e livelli qualitativi accettabili e generando, a cascata, l’emersione di una “fiorente” economia in nero dell’assistenza.
Parallelamente, gli addetti del settore – stimati in 85.000 unità solo nel nostro Paese, operano frequentemente in condizioni di vero e proprio sfruttamento: l’orario di lavoro supera spesso le 48 ore settimanali, richiedendo altresì una disponibilità 24/7 senza che siano previste, nella maggior parte dei casi, maggiorazioni adeguate.
Il personale è costituito in maggioranza da donne ultracinquantenni – in età troppo avanzata rispetto alle mansioni da svolgere ma che ancora non hanno maturato i requisiti pensionistici; inoltre, si tratta perlopiù di immigrate, dipendenti dal proprio impiego per il mantenimento dello status di residenza e, di conseguenza, scoraggiate dal denunciare eventuali situazioni di abuso nei loro confronti.
A fronte di tali conclusioni, il CESE evidenzia la necessità di agire sia a livello europeo che a livello nazionale, sottolineando la necessità di adottare una cornice normativa quadro europea sulla prestazione di assistenza in convivenza e la parallela definizione di politiche in grado di portare il sistema sulla rotta della sostenibilità di lungo periodo.
Per approfondire: il comunicato del CESE