Allargamento 2004: dai timori al successo

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In generale dopo l’allargamento i tassi di occupazione dei cittadini provenienti dai nuovi Stati sono diventati comparabili, e in alcuni casi superiori a quelli delle popolazione nazionale; i cittadini dei nuovi Stati contribuiscono in modo positivo ai risultati generali del mercato del lavoro, alla crescita economica e alle finanze pubbliche.
Restano gli «effetti indesiderabili» del lavoro non dichiarato o irregolare che, per altro, l’allargamento sembra aver ridotto e che sono tanto più pesanti quanto più sono state forti e restrittive le deroghe alla libera circolazione dei lavoratori.
Nel presentare i dati il Commissario agli Affari Sociali e all’Occupazione, Vladimir Spidla, ha invitato gli Stati membri a valutare se mantenere in vita le limitazioni transitorie anche in considerazione del fatto che i flussi migratori sembrano determinati dai meccanismi intrinseci della domanda e dell’offerta di lavoro più che dalle disposizioni in vigore: la maggior parte dei permessi di lavoro concessi era relativa ad impieghi stagionali o di breve durata alla cui conclusione i lavoratori tornano nel loro Paese di origine.
Il pronunciamento degli Stati membri è arrivato, come previsto, entro il trenta aprile scorso. Due sono i Paesi che, hanno comunicato di mantenere le deroghe senza nessuna modifica (Austria e Germania). In altri Paesi sono state annunciate eliminazioni progressive:
per tipi di lavoro: il Belgio eliminerà   progressivamente le limitazioni di ingresso per infermieri, idraulici elettricisti, architetti e ingegneri informatici
per forme contrattuali: la Danimarca semplificherà   le procedure per l’ingresso di lavoratori «coperti» dalle contrattazioni collettive.
Per scansione temporale:La Francia eliminerà   le deroghe in maniera progressiva e controllata; il premier olandese Balkenende è stato costretto dalle pressioni del Paramento a rinviare all’anno prossimo la decisione del governo olandese
Accanto a tutti questi Paesi ci sono quelli che invece di fatto non applicano nessuna restrizione all’ingresso dei lavoratori. Tre Paesi non hanno mai applicato limitazioni (Regno Unito, Irlanda e Svezia): Altri le hanno inizialmente applicati ma, constatate le loro necessità   di manodopera e probabilmente confortati dalle esperienze di altri Paesi e dai dati presentati a febbraio, hanno annunciato già   dall’inizio della primavera scorsa l’eliminazione delle deroghe a partire dal primo maggio 2004. E’ il caso di Portogallo, Grecia, Spagna e Finlandia.
Peculiare la situazione dell’Italia che ha comunicato di non aver intenzione di rimuovere le deroghe ma di avere aumentato le quote di visti di ingresso dai nuovi Stati membri.
Commentando questo quadro il Commissario Spidla si è detto soddisfatto e ha definito queste decisioni come capaci di «rafforzare la cooperazione sul mercato interno». La Commissione, ha detto ancora Spidla, non farà   pressione sugli Stati membri ma svolgerà   appieno il suo ruolo di promotore della discussione sulla libera circolazione per arrivare all’apertura totale del mercato.
L’ingresso di nuovi cittadini, dunque, non destabilizza i mercati e non è nemmeno un danno per l’economia; questo quanto si deduce dalla Comunicazione sulla situazione economica dell’Ue a 25 a due anni dall’allargamento.
I dati dicono che l’allargamento è stato un successo economico evidente, un «gioco a somma positiva» in cui tutti hanno vinto e che permette all’Europa di fronteggiare meglio le sfide della globalizzazione. La crescita economica dei nuovi Stati membri è stata tra il 1997 e il 2005 del 3,75% contro il 2,5% dell’Ue a 15, le cui imprese hanno trovato nei nuovi Stati membri opportunità   commerciali e di investimento.
L’allargamento ha portato lavoro nell’Ue a 15 (35.000 posti di lavoro in Danimarca), ha creato investimenti nei nuovi Stati (191 miliardi di euro nel 2004) e ha ridotto al minimo gli effetti della delocalizzazione che indubbiamente è un problema esistente ma non tra vecchi e nuovi Stati europei; non ci sono evidenze di un massiccio trasferimento di attività   dai Quindici ai Dieci.
E’ bene che da questi dati non si tragga alcuna indicazione sull’impatto della futura possibile adesione turca all’Ue; ma ancora una volta si conferma quanto visto in occasione di precedenti adesioni: l’ingresso nell’Ue di nuovi Stati determina una diffusione e una stabilizzazione dei diritti di cittadinanza con innegabili vantaggi economici, prima ancora che politici per tutti.

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