Algeria al bivio

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Dopo due mesi di pacifiche ma tenaci manifestazioni, il 2 aprile scorso gli algerini hanno accolto con soddisfazione le dimissioni del Presidente Abdelaziz Bouteflika. E’ stato un percorso dall’esito incerto fino alla fine, carico di colpi di scena e di caparbi tentativi, da parte del regime, di mantenere un potere ormai totalmente screditato da una dilagante corruzione.

Le proteste popolari degli algerini iniziano con l’opposizione  alla quinta candidatura del Presidente Bouteflika alle elezioni presidenziali, inizialmente previste per  il 18 aprile. Bouteflika è ormai un Presidente malato da anni, incapace di esprimersi e di parlare ai suoi concittadini.  La presentazione della sua candidatura, volta a manenere lo status quo nel Paese, viene vissuta come un’ennesima umiliazione inferta ad un popolo già tanto provato da una dolorosa storia di conflitti interni, le cui ferite non sono ancora rimarginate.

Una prima risposta alla delusione e allo sgomento dei cittadini, che continuano le loro sempre più numerose proteste, arriva l’11 marzo con la decisione di Bouteflika, ma essenzialmente del circolo politico ristretto che lo inquadra e dei vertici militari, di fare un passo indietro, di ritirare la propria candidatura alle elezioni pesidenziali, di postporre le elezioni di almeno un anno e di convocare una conferenza nazionale con l’obiettivo di attuare una riforma costituzionale.

Si tratta di una risposta che amareggia gli algerini e che ha il sapore di una provocazione. Queste decisioni avrebbero infatti permesso a Bouteflika e al suo entourage di prolungare il mandato presidenziale, di controllare l’inevitabile processo di transizione e di esercitare le dovute pressioni sulla riforma della Costituzione.

L’ultimo colpo di scena avviene tuttavia il 27 marzo, con un improvviso cambio di posizione da parte dell’esercito, fino ad allora sostenitore del Presidente e attore importante nella gestione del potere in Algeria : il Capo di Stato maggiore e Vice Ministro della Difesa Gaid-Salah, “sensibile” alle proteste della piazza,  dichiara l’incapacità di Bouteflika a governare il Paese e invoca l’applicazione dell’articolo 102 della Costituzione. Il due aprile Bouteflika si dimette.

E’ in questa delicata situazione che si trova oggi il Paese : Bouteflika, dopo vent’anni di potere, lascia un Paese senza Presidente, senza una nuova Costituzione, con un governo provvisorio e con l’articolo 102 della Costituzione che affida l’interim al Presidente del Consiglio della nazione (Senato), Abdelkader Bensalah.  Secondo lo stesso articolo, il periodo transitorio non dovrebbe, in linea di principio, superare i novanta giorni, durante i quali si dovrebbero organizzare le elezioni presidenziali. Un periodo troppo breve per rispondere alle esigenze dei nuovi attori e delle nuove aspettative politiche che si sono aperte nel Paese, con il rischio che nulla o poco cambi.

In effetti, si ritrovano oggi a confronto due principali attori : l’esercito, che sembra essersi orientato verso l’ascolto delle proteste e il popolo algerino, deciso a continuare la sua lotta e ad esigere un radicale cambiamento del sistema politico, l’avvio di un processo democratico, il rispetto dello Stato di diritto, la riforma del sistema giudiziario nonché  una riforma del sistema economico che garantisca sviluppo, lavoro e futuro alle giovani generazioni.

Ed è fra questi attori che si annidano speranze e inquietudini per il futuro del Paese : come si comporterà l’esercito in questa sua nuova posizione e in questo inedito scenario politico ? In che misura è pronto a cedere il passo a nuovi protagonisti politici ?  In che modo la popolazione algerina, con tutte le difficoltà vissute in questi anni, riuscirà a strutturarsi per accompagnare, pacificamente, questa importante transizione politica, non priva di ostacoli e del pericolo di un ritorno ad un recente e doloroso passato ?

Oggi, la posta in gioco è veramente alta. L’Algeria è un Paese importante, situato nel cuore del Maghreb, ricco di gas e con una popolazione composta per più del 40% da giovani al di sotto dei  15 anni.

Gli occhi della comunità internazionale guardano con attenzione e apprensione  agli sviluppi di questa situazione politica, con la speranza di una pacifica transizione verso la democrazia e lo sviluppo economico e sociale del Paese. Ne va della stabilità del Paese e dell’intera regione, soprattutto in questo momento in cui sembrano soffiare venti di guerra nella vicina Libia.

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