
L’Europa agricola sta cambiando pelle, e lo fa attraverso la rivoluzione digitale.
Secondo un nuovo studio del Joint Research Centre della Commissione europea, “The state of digitalisation in EU agriculture”, il 93% degli agricoltori utilizza già almeno uno strumento informatico o software, mentre l’83% impiega tecnologie specifiche per l’allevamento e il 79% per le coltivazioni. Numeri che raccontano un settore sempre più connesso e pronto a innovarsi. L’ottimismo non manca: oltre tre agricoltori su quattro si aspettano benefici economici dalla digitalizzazione, il 72% prevede vantaggi ambientali e il 67% ritiene che ne guadagnerà anche il tessuto sociale delle campagne. Un segnale chiaro: la tecnologia non viene vista come un corpo estraneo, ma come un alleato per produrre meglio, sprecare meno e alleggerire il peso delle pratiche burocratiche. Eppure, non è tutto rose e fiori. Le barriere restano forti: i costi elevati delle tecnologie più avanzate, la mancanza di competenze specifiche e la diffidenza verso la condivisione dei dati rischiano di rallentare la corsa. Non a caso, lo studio evidenzia che i tassi di adozione più alti si registrano nelle aziende di maggiori dimensioni e in quelle che dispongono di connessioni internet più stabili e di personale formato.
La Commissione, dal canto suo, spinge sull’acceleratore. Attraverso la Politica agricola comune (PAC) 2023-27, Bruxelles ha introdotto per la prima volta strategie nazionali dedicate alla digitalizzazione. Si va dagli investimenti in banda larga ai programmi di formazione digitale, fino al sostegno all’agricoltura di precisione e alle comunità rurali intelligenti, le cosiddette smart villages. L’obiettivo è duplice: colmare il divario tra città e campagna e rendere le aree rurali più sostenibili e competitive. In questo quadro si inseriscono anche le politiche europee sui dati, con la creazione di uno spazio agricolo comune che renda più semplice e sicuro lo scambio di informazioni tra agricoltori, istituzioni e imprese private. Un passaggio decisivo, perché senza fiducia e trasparenza la rivoluzione digitale rischia di restare a metà.
Il quadro che emerge è dunque ambivalente: da un lato un settore che già oggi sperimenta robot, sensori e satelliti per ridurre sprechi e inquinamento; dall’altro la necessità di accompagnare i piccoli agricoltori e le comunità più isolate in questo salto epocale.
Come recita un vecchio detto contadino, “chi ben semina, ben raccoglie”: mai come ora, la semina è digitale.
Per un ulteriore approfondimento: articolo della Commissione europea.