Pace e sfide difficili per la Siria di oggi

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E’ trascorso un anno (8 dicembre 2024) da quando il dittatore siriano Bachar al Assad è stato rovesciato a Damasco e si è messo in salvo a Mosca, sotto la protezione di Putin. Un primo anno quindi di transizione del potere in Siria, dopo cinquant’anni di dittatura e quattordici anni di guerra civile.

In questo primo anno, il potere si è concentrato nelle mani del principale attore della caduta del regime, il Presidente Ahmad  al-Sharaa, un leader proveniente dalle file del gruppo islamista Hayat Tahir al-Cham che nel dicembre scorso ha appunto conquistato Damasco e consolidato oggi il controllo su gran parte del Paese. 

Chiamato a rafforzare la sua legittimità nel nuovo contesto politico della Siria, il Presidente eredita un Paese completamente distrutto, racchiuso in un contesto regionale conflittuale, diviso e con profonde ferite che affondano le loro radici in una lunga e violenta dittatura e nella guerra. Il Paese, da un anno, spera tuttavia in una ricostruzione, in una riappacificazione civile delle sue varie componenti etnico-religiose, in un rientro dialogante sulla scena internazionale e in una giustizia di transizione che affronti la responsabilità dei crimini commessi nel passato (ma anche in questo incerto presente)  e porti alla luce la verità, conceda le riparazioni adeguate e rispetti i diritti fondamentali. 

Il discorso del Presidente è tuttavia carico di speranze, anche se ben cosciente del contesto e delle immense difficoltà che si trova davanti e che lo spingono a camminare su uno stretto crinale dai tanti pericoli. Sul versante della politica interna, oltre alle sfide già enumerate sopra, le sfide economiche e finanziarie della ricostruzione del Paese e delle sue infrastrutture, sono state stimate a 216 miliardi di dollari, mentre quelle vitali della sicurezza e della stabilità nazionale hanno come obiettivo la ricomposizione di un esercito che federi le varie fazioni, alcune tuttora operative, in una forza unitaria. Altra sfida sulla sicurezza è la presenza nel Paese delle forze jihadiste dello Stato islamico (ISIS), come ci ha ricordato il recente attacco contro le forze antiterrorismo siriane e statunitensi a Palmira.

Sempre a livello interno, rimane ancora in sospeso e incerto l’approdo politico della transizione. Il Presidente, sebbene non abbia mai pronunciato la parola “democrazia”, a detta di alcuni giornalisti rientrati, ha già garantito una certa libertà d’espressione e di movimento, mentre il fatto che oltre tre milioni di siriani hanno deciso di rientrare nel loro Paese alimenta la speranza per il futuro. Non solo, ma le prime elezioni parlamentari dopo tanti anni di dittatura e di guerra, si sono tenute il 5 ottobre scorso. Sono state elezioni ancora molto limitate, in cui non vi è stato un voto diretto da parte dei cittadini siriani, e dove è previsto che il Presidente nomini 70 seggi sui 210 previsti dalla nuova Assemblea. Un primo passo tuttavia verso, si spera, l’obiettivo dichiarato di costruire nuove Istituzioni e di definire una Costituzione entro i cinque anni previsti della transizione. 

Infine, sul versante delle relazioni internazionali, la Siria ha già fatto passi avanti. Dopo sessant’anni di assenza, la Siria e il suo nuovo Presidente, con un atto dal valore estremamente simbolico, sono tornati all’Assemblea Generale dell’ONU, alla ricerca di legittimità e di riammissione “fra le nazioni del mondo”. La ricerca di relazioni stabili ha portato a nuovi rapporti a livello regionale, come con la Turchia e l’Arabia Saudita, a livello internazionale, non solo con la Russia ma anche con gli Stati Uniti, dove Trump ha  notevolmente alleggerito, le sanzioni economiche che pesano sul Paese dal 2011, con l’obiettivo di portare la Siria verso  gli Accordi di Abramo. Una revoca decisa in parallelo anche dall’Unione Europea.

Al riguardo, il nuovo Presidente è alla ricerca di un difficile se  non impossibile accordo di sicurezza con Israele per quanto riguarda il Golan, ritenuto nodo strategico di equilibrio, ma anche di forti tensioni regionali. 

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