Unione Europea, cominciare a contarci per contare

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Se, come ha detto Mario Draghi a Rimini, questa Unione Europea si è illusa di detenere un potere geopolitico, allora “quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata”, ricordandoci che non conta più molto nel nuovo mondo in cui viviamo. Adesso, perché l’UE torni a contare, da qualche parte bisogna pure cominciare, magari iniziando col contarci nelle nostre varie relazioni, tanto interne che esterne.

All’esterno è ora di avere chiaro su quali alleati contare e quali futuri partner accogliere nell’Unione. Questi ultimi mesi hanno svelato tutta la debolezza e la dipendenza dell’UE dagli USA, non solo di Trump ma anche dei suoi predecessori, democratici compresi, e non ci sono segnali che molto si possa recuperare di questa alleanza, rimasta provvisoriamente indispensabile in attesa di guadagnare progressivamente autonomia non solo sul versante militare, ma anche su quello economico e tecnologico. Non sarà facile, ma non ci sono scorciatoie.  

Ci sono però altri potenziali alleati nel campo occidentale con diversa capacità di aggregazione. Primo fra tutti il Regno Unito, orientato a ripassare la Manica verso il continente, come già annuncia il suo atteggiamento nella “coalizione dei volenterosi” a sostegno dell’Ucraina, mentre verso il continente, muovono anche Norvegia e Islanda. 

Più lontano, la guerra dei dazi unitamente a quella della Russia ha ravvicinato all’UE il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda, nell’attesa di capire come si orienteranno i Paesi del Sud globale non proprio in buoni rapporti con gli USA di Trump.

Nell’estero, per noi vicino, aspettano di entrare nell’UE i Paesi balcanici, ma anche Moldavia e Georgia, senza dimenticare l’impatto che potrà avere un giorno l’adesione dell’Ucraina, un estero pericolosamente vicino alla Russia come abbiamo imparato in questi ultimi anni.

Ma sarà bene contarsi anche al proprio interno, nell’aggregazione fragile di 27 Paesi europei nell’UE, cercando di capire bene quale Europa vogliano ricostruire, in particolare quelli che hanno contribuito a smontarla in nome delle sovranità nazionali. Nella lista non c’è solo l’Ungheria e la Slovacchia, ma anche Paesi come i nordici e la Polonia, oggi più attratti dalla protezione militare di una NATO che potrebbe evaporare anche prima dell’UE. 

Resta ancora da capire quanto siano affidabili anche alcuni Paesi fondatori delle prime Comunità europee. Passano senza troppi problemi l’esame Belgio e Lussemburgo, che alla partecipazione all’UE non hanno alternative, ma già qualcosa scricchiola con l’Olanda, che nel 2005 rifiutò il Progetto di Costituzione europea e dimostrò poca solidarietà, insieme alla banda dei “Paesi frugali”, negli anni delle crisi economiche e finanziarie.

Non sono esonerati da una verifica approfondita gli altri tre Paesi fondatori: Francia, Germania e Italia. La prima perché non è riuscita finora ad essere credibile nella sua giusta proposta per la costruzione di una sovranità politica europea; la seconda perché è ancora incerta davanti al bivio se lavorare per una Germania europea o per un’Europa tedesca, in particolare su versante del riarmo in corso.

Infine l’Italia, il Paese fondatore del processo di integrazione europea con Altiero Spinelli e Alcide De Gasperi; protagonista con profili di alto profilo alla presidenza della Repubblica come Luigi Einaudi, Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella e, al governo,  Romano Prodi, Enrico Letta e Mario Draghi, tra gli altri.

Non è purtroppo confortante costatare l’involuzione della recente politica italiana sul versante europeo, segnata nel governo da costanti ambiguità, miserabili polemiche e piccole furbizie, eè di poco conforto la lista dei potenziali leader italiani candidati a dare ridare vigore al progetto europeo,  consentendo all’Italia di diventarne di nuovo protagonista.

Per far contare l’Europa nel mondo, sarà bene contarci impietosamente al nostro interno, sapendo quanto sarà dura per noi la futura competizione mondiale.

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