Quando le guerre si intrecciano e il diritto internazionale è senza voce

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Eravamo tutti con il fiato sospeso e in tanti pensavamo che Israele non avrebbe attaccato l’Iran. I negoziati sul nucleare iraniano erano in corso con gli Stati Uniti e la speranza era che la voce della diplomazia, anche se difficile, non sarebbe stata interrotta da quella delle armi.

Ed invece è successo : nella notte tra il 13 e il 14 giugno, Israele ha dichiarato guerra all’Iran e gli Stati Uniti, dopo alcuni giorni di tentennamenti che non ingannavano nessuno e con la solita retorica di un Presidente che definisce la sua politica “la pace con la forza” e la minaccia, ha fatto alzare in volo i suoi bombardieri B2 Spirit  e li ha mandati a bombardare i siti nucleari in Iran. 

Un massiccio intervento militare che lo stesso Trump ha definito un “ successo spettacolare ”, per la “totale distruzione dei siti”  e al quale ha fatto eco, con le stesse parole, il primo Ministro israeliano Netanyahu. Se l’Iran ha risposto agli attacchi israeliani e statunitensi più con i toni verbali a difesa della sua sovranità che con la sua capacità militare, ovviamente non paragonabile a quella degli avversari, i toni esaltati e minacciosi dei vincitori hanno portato a dichiarare un cessate il fuoco su un conflitto irrisolto, sotto le cui ceneri cova un pericolosissimo fuoco, dentro e fuori l’Iran. 

Conflitto “congelato”, nel cuore di un Medio Oriente in cui Gaza è sempre al centro di una guerra devastante e senza prospettive di cessate il fuoco o di pace sostenibili. Ma anche un conflitto dal cessate il fuoco fragilissimo, il cui accordo ha sollevato non solo reazioni contrastanti nella comunità internazionale ma anche interrogativi inquietanti sulla deriva e sull’uso irrispettoso e sfacciato del  diritto internazionale.

A cominciare dall’intervento stesso degli Stati Uniti, membri di maggioranza della NATO, intervenuti unilateralmente e, in aggiunta, senza accordo interno del loro Congresso. Un interrogativo che pende sul ruolo stesso della NATO e sulla sua ragion d’essere, un’Alleanza sempre più vuota di senso e prospettive che si riunisce all’Aja in questi giorni e il cui ordine del giorno è fortemente subordinato alle sole esigenze finanziarie dettate da Donald Trump. E questo in un momento in cui l’Europa è chiamata, oltre a contribuire maggiormente in termini finanziari, ad organizzare la sua stessa difesa.

Disorientano anche le posizioni della Russia, alleata e vicina a Teheran, che guarda a questo scenario e condanna “la decisione irresponsabile di sottoporre il territorio di uno Stato sovrano ad attacchi missilistici,(…)  che violano in modo evidente il diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Una dichiarazione che getta stupore e brivido sul futuro della guerra che la Russia sta conducendo in Ucraina, anch’essa tuttora priva di prospettive di cessate il fuoco e di negoziati di pace.

Ed infine l’Europa, divisa e incerta, ma attenta a mettere in evidenza la minaccia nucleare dell’Iran e le sue conseguenze sulla sicurezza internazionale, con richiami al ritorno della diplomazia e al negoziato. Su quali basi e nelle mani di chi, non è facile dire. Guterres, Segretario Generale dell’ONU, ha lanciato l’invito “sulla base della Carta delle Nazioni Unite e di altre  norme del diritto internazionale”.

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