Verità per Giulio Regeni?

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Sono trascorsi quattro anni dall’assassinio al Cairo del giovane ricercatore italiano e pochi sono i passi avanti fatti finora per far luce sulle responsabilità di questo delitto. Rimane sempre avvolto nello stesso mistero quello striscione giallo che chiedeva e chiede “verità per Giulio Regeni”.

Quattro anni sono lunghi, la geopolitica si muove in continuazione in quella regione e la verità temuta è che si sia di fronte al solito insabbiamento per ragioni che incrociano, come accade spesso, interessi economici, etica e politica. 

Il cuore del groviglio geopolitico che si è venuto a creare oggi, all’indomani di un lungo periodo di silenzio da coronavirus e delle sue disastrose conseguenze socioeconomiche, ruota non solo intorno all’Egitto in quanto attore in Libia accanto al Generale Haftar, ma anche alla posizione che la Turchia sta assumendo, sul fronte opposto, nel conflitto civile che divide il Paese. Ancor più specificatamente, all’interno di questo groviglio, spicca il fatto che il nostro Paese, parte di un’Unione Europea, abbia deciso di vendere due navi militari all’Egitto, le famose fregate Fremm, oltre ad altro materiale bellico. 

Si tratta di una decisione che, in questo preciso momento, si carica di conseguenze sotto vari punti di vista. In primo luogo interroga cinicamente sulla possibilità che il Generale Al Sisi, grato della vendita d’armi e di una nuova amicizia con il nostro Paese, voglia collaborare per una verità che potrebbe mettere direttamente in causa il suo stesso regime.  Una decisione che, in aperto contrasto con gli impegni assunti dal Governo e dal Parlamento per la ricerca della verità, non solo sfregia ulteriormente il dolore dei genitori di Giulio ma è in netto contrasto con una legge dello Stato italiano che vieta di vendere armi a Paesi “i cui Governi sono responsabili di violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”. 

Al di là degli aspetti appena  ricordati,  si tratta inoltre di una decisione che interroga sul ruolo che l’Italia vorrebbe giocare nella partita libica, mettendo ancor più in evidenza ambiguità e divisioni dei Paesi europei in una delle aree più calde della regione. Come detto prima, L’Egitto è schierato in Libia con il Generale Haftar, oggi in difficoltà militari e in perdita di terreno rispetto al Governo di Al Serraj, internazionalmente riconosciuto, compreso dall’Italia. Le recenti vittorie di Al Serraj sono dovute essenzialmente all’intervento della Turchia, che non nasconde le sue ambizioni di una presenza aerea e navale stabile in Libia e di un controllo delle risorse petrolifere e di gas del Mediterraneo. Ed è proprio questa attiva presenza della Turchia che ha suscitato, in questi giorni, la preoccupazione dell’Egitto, deciso a frenare l’avanzata verso est di Ankara e del Governo di Tripoli, considerando in particolare Sirte e al Jafra linee rosse invalicabili. Dopo il tentativo nelle scorse settimane  di un appello al cessate il fuoco, oggi sembra invece arrivare dal Cairo il suono inquietante di un rullar di tamburi. 

In un contesto in cui la Libia assume un’importanza strategica per l’Italia e l’Europa nel Mediterraneo, in cui sono in gioco sfide enormi come le rotte delle migrazioni, interessi economici ed energetici, dove attori globali, come Russia e Turchia in particolare,  si stanno sfidando a difesa dei loro interessi strategici, imponendo dinamiche nuove per la stabilizzazione del Paese e dove c’è un embargo ONU sulla vendita d’armi, è legittimo chiedersi quale strategia italiana si nasconda dietro tutto ciò’, quale contributo questa strategia possa offrire ad un’Europa già confusa e divisa al riguardo  e quali prospettive di pace e di dialogo per un Paese che dista una manciata di miglia dalle nostre coste. 

In tutto questo, la verità sulla morte di Giulio appare ancora più lontana. 

1 COMMENTO

  1. sul caso Regeni ho sostenuto da sempre che ,per chiedere giustizia,l’interlocutore non può essere un dittatore che decide con altri criteri e non tratta diversamente nessun cittadino:chi si oppone viene eliminato Dal portale interno si conferma che il ritiro dell’ambasciatore ha fermato solo le collaborazioni sociali danneggiando i cittadini L’esercito sta col dittatore e non lo tocca nulla Facciamo scelte diverse senza ritiro di interlocutore politico.

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