2014: un bilancio

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Sta per concludersi l’anno 2014 e, inevitabilmente, si avvicina anche l’ora dei bilanci. Anno innanzitutto che ha segnato il centenario dell’inizio della prima guerra mondiale e anno in cui – sono le parole di Papa Francesco – il mondo sembra essere entrato in una terza guerra mondiale, ma «combattuta a pezzetti». Non è stato infatti, a livello globale, un anno in cui le speranze di pace abbiano avuto il sopravvento sulle realtà di guerre che si sono accese un po’ ovunque e, in particolare, proprio ai confini di questa nostra Europa.

Un rapido sguardo a Est dell’Europa e a Sud del Mediterraneo è infatti sufficiente per capire tutta l’instabilità e i drammi portati da guerre nate sì nel 2014, ma che affondano le loro radici in antichi contesti storici, geografici, politici e culturali tuttora in incerta evoluzione. Ad Est, la scelta di un futuro europeo da parte dell’Ucraina a fine 2013, ha messo in moto un conflitto interno e un confronto tra Europa e Russia che riportano nel tempo agli anni della guerra fredda e oggi a nuove tensioni dalle conseguenze tutte ancora da valutare, soprattutto in termini geopolitici, economici e di sicurezza. L’annessione della Crimea da parte della Russia, il progetto russo di Unione doganale e Unione euroasiatica che traduce l’attenzione economica di Putin verso i paesi emergenti ad Oriente, le sanzioni economiche dell’Europa e degli Stati Uniti, la dipendenza energetica dell’Europa dal gas russo, l’interruzione della costruzione del gasdotto South stream, ma anche la lunga crisi economica e finanziaria europea, e ora anche russa, e il crollo del prezzo del petrolio sono alcuni degli elementi che testimoniano, in un mondo in rapida evoluzione, i profondi cambiamenti e le sfide in corso nelle relazioni fra Est e Ovest.

A Sud del Mediterraneo, l’anno 2014 è stato segnato soprattutto dall’inasprirsi e dall’estendersi del fondamentalismo islamico con l’apparizione sulla scena mediorientale del cosiddetto Stato islamico (IS). Con l’obiettivo di creare un Califfato sunnita dalla Siria al Mediterraneo dove imporre la Sharia ed esasperare maggiormente l’antico e conflittuale rapporto fra sunniti e sciiti, l’IS ha tenuto e tiene in ostaggio la regione e l’Occidente con il terrore e con atti barbarici di grande crudeltà. La guerra iniziata in giugno dall’IS in Siria e in Iraq, oltre ad aver costretto alla fuga migliaia di profughi nei Paesi vicini, ha rimescolato le carte non solo della geopolitica regionale, intreccio di immense risorse petrolifere, con le posizioni della Siria, dell’Iraq, dell’Arabia Saudita, della Turchia, dell’Egitto, dell’Iran e del Kurdistan ma anche quelle della comunità internazionale, con la costituzione, a settembre, di una coalizione guidata dagli Stati Uniti per fermare lo Stato islamico.

Ma il 2014 ha portato, nel luglio scorso, e in questo contesto ad alto rischio, un’altra guerra nella regione, quella fra Israele e Gaza. Un ennesimo conflitto scoppiato nell’impossibilità di negoziati di pace per il riconoscimento dello Stato di Palestina, un diritto irrinunciabile per un popolo e per il suo futuro. Ma, al riguardo, si sono accese anche alcune luci di speranza, con il riconoscimento, negli ultimi mesi dell’anno, dello Stato di Palestina da parte del Governo svedese e da parte dei Parlamenti irlandese, britannico, spagnolo, francese e belga, nonché del Parlamento europeo. Riconoscimenti di diverso valore giuridico ma che tutti convergono verso lo stesso obiettivo.

Per tornare alle parole di Papa Francesco, la lista dei conflitti nel mondo è molto più lunga: al primo posto troviamo l’Africa, da Nord a Sud, da Est a Ovest. Conflitti che purtroppo, quest’anno, hanno riversato sulle coste dell’Europa e dell’Italia in particolare un numero impressionante di uomini, donne e bambini in fuga dalla disperazione. Un numero che fa riflettere e che dice tutta la necessità e l’impegno di cui dovrebbe essere capace l’Europa e i suoi cittadini non solo per accogliere ma anche per costruire la pace.

 

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