È cominciata con un secco tre a zero in favore dell’Unione Europea la partita dell’anno contro la squadra dei populisti anti-europei.
La Lettonia ha fatto il suo ingresso in quell’euro da molti ritenuto moribondo, la Grecia da moribonda che era ha preso il comando dell’UE per questo primo semestre 2014 e la Gran Bretagna non è riuscita nel suo tentativo di minare uno dei pilastri comunitari, bloccando la libera circolazione per romeni e bulgari.
Persino l’Italia ha festeggiato in Europa, di cui prenderà il timone nel secondo semestre, offrendosi una riduzione dello “spread” al di sotto della soglia psicologica dei 200 punti tra BTP e Bund tedeschi.
Ma l’anno è ancora lungo e la partita difficile e ci vorrà fiato per arrivare vincitori alla fine.
Molte le sfide sul cammino dell’UE, in particolare l’avvio della sorveglianza centrale sulle maggiori banche ad opera di una Banca centrale europea, che non farà sconti a nessuno, ancor meno all’Italia.
A fine maggio ci aspettano le elezioni europee e le macchine elettorali si stanno mettendo in moto, con un crescendo di attacchi all’UE e alla sua moneta in nome della sovranità e dell’identità nazionale, con all’orizzonte le nuvole nere del razzismo e della xenofobia.
L’esito incerto della consultazione elettorale potrebbe obbligare le famiglie dei popolari e dei socialisti a vedersela con i plotoni dell’antipolitica e del populismo e forse a coalizzarsi in una sorta di “grandi intese europee”, non proprio una garanzia di stabilità politica e di chiarezza d’azione.
Si apriranno subito all’indomani le delicate trattative per il rinnovo dei vertici delle Istituzioni comunitarie.
Probabile che il Parlamento continui ad essere presieduto con una staffetta tra i due gruppi politici maggiori, i popolari e i socialisti, con il Partito democratico italiano che dovrà accasarsi, probabilmente con questi ultimi, come ha già fatto intendere Matteo Renzi.
La Commissione europea darà l’addio senza rimpianti alla presidenza del pallido Barroso, ma dovrà fare i conti con governi divisi e con l’incognita del nuovo Parlamento che vorrà, più che in passato, essere determinante nella scelta. Su tutto, incombe il rischio di imporre un profilo debole, che non faccia ombra ai governi nazionali, esercizio nel quale la Gran Bretagna ha sempre dato il meglio di sé, non ostacolata più di tanto dalla Germania.
In palio anche il posto di Presidente del Consiglio europeo, inaugurato dal mite Herman Van Rompuy e quello dell’Alto Rappresentante per la politica estera, Catherine Ashton, che certo non ha brillato per incisività, complice anche il debole mandato ricevuto dai Trattati.
Alla testa della Banca centrale europea è saldamente installato il nostro Mario Draghi, insidiato dal malumore dei tedeschi, ma largamente apprezzato in Europa e nel mondo.
Per non semplificare il panorama delle poltrone in palio, bisognerà anche provvedere alla nomina del Segretario Generale della NATO, posto per il quale è in corsa Franco Frattini.
C’è da sperare che tutta questa girandola di nomi si concluda con una leadership forte per l’UE, anche perché saranno tante e gravi le sfide da affrontare: dall’unione bancaria a quella economica, dai nuovi vincoli per i bilanci degli Stati al rientro dal debito pubblico, un incubo per l’Italia.
Tutto questo mentre la crisi si avvia verso il suo settimo anno, con la speranza che, come per i biblici sette anni di “vacche magre”, se ne veda la fine. Qualche debole segnale comincia a vedersi, ma bisognerà darsi da fare perché sia vera ripresa che porti presto occupazione e futuro per le nuove generazioni.