Vigilia sotto tono del Consiglio Europeo

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Modesto semestre inglese dell’UE, ma non e’ ancora finita…

Manca ormai una settimana al Consiglio informale europeo dei Capi di Stato e di Governo convocato da Tony Blair a Londra il 27 e 28 ottobre prossimo. Il Vertice è stato deciso dal Presidente di turno britannico all’indomani dello choc provocato dai NO francese e olandese alla Costituzione e dopo l’esito disastroso del Consiglio europeo di Bruxelles nel giugno scorso, quando i Venticinque non trovarono un accordo sull’importante dossier delle prospettive finanziarie 2007-2013. In quel clima di crisi politica grave Tony Blair aprì il suo semestre di Presidenza dell’Unione con un discorso al Parlamento europeo che a molti – ma non a tutti – sembrಠl’avvio di una nuova stagione per il futuro d’Europa.

Il basso pro filo del semestre Inglese.

Adesso, a pochi giorni dal Vertice della prossima settimana, puಠessere utile disegnare un primo provvisorio bilancio del futuro dell’Unione fatto intravedere da Blair. Ed è un bilancio sicuramente modesto per i quattro mesi passati e da sorvegliare da vicino nei due mesi che restano.

Nei quattro mesi passati non abbiamo visto realizzarsi molto rispetto ai problemi gravi dell’Unione: nulla è avvenuto di rilevante sul futuro della Costituzione (di cui peraltro la Gran Bretagna farebbe volentieri a meno) e niente o quasi si è visto sul fronte del futuro delle risorse finanziarie dell’Unione. Su quest’ultimo tema era improbabile che Blair, dopo l’aspro scontro con Chirac, potesse proporsi come arbitro credibile. In merito bisognerà   accontentarsi di un bilancio 2006 non proprio di svolta, senza tuttavia dimenticare lo stimolo dato da Blair alla riduzione parziale del debito dei Paesi in difficoltà   di sviluppo, riduzione sollecitata ad un’Amministrazione USA recalcitrante. Restano adesso due mesi, anche un po’ meno visto il periodo natalizio. Sul tavolo almeno tre dossier importanti: la riconsiderazione nel Vertice di fine ottobre del «modello sociale europeo» per dare un futuro alla competizione europea, l’appuntamento di dicembre con la riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ad Hong Kong e il rilancio della proposta di direttiva Bolkenstein sulla liberalizzazione dei servizi. Su quest’ultimo argomento avremo occasione di tornare, anche perchà© le resistenze del Parlamento europeo e la ricerca di un compromesso che salvaguardi il «modello sociale europeo» ne ritarderanno comunque l’adozione, almeno fino alla prossima Presidenza austriaca. Compromesso da sorvegliare comunque da vicino, confidando più nel Parlamento che non negli orientamenti di Blair e di molti suoi colleghi.

Più sottile ma non meno pericoloso quanto potrebbe avvenire all’OMC, dove la progressiva ed inarrestabile liberalizzazione del commercio internazionale non accompagnata da uno zoccolo minimo di regole sociali finirebbe per favorire delocalizzazioni ed ulteriore erosione dei diritti in nome della competitività  . Argomento che ci porta dritto al Consiglio europeo di Londra dove verrà   avviata, senza clamori ma efficacemente, una revisione non certo in chiave progressista del «modello sociale europeo».

Le timidezze della Commissione europea

In un simile contesto ci si poteva aspettare che la Commissione dell’Unione europea – cui i Trattati, senza aspettare la Costituzione, affidano il potere di iniziativa – avanzasse proposte che affrontassero il merito dei problemi. Quattro mesi non sono stati sufficienti a trovare il coraggio di assumere un’iniziativa forte e a mettere sul tavolo uno straccio di proposta. Il documento adottato dal Collegio il 13 ottobre («Il piano D come Democrazia, Dialogo e Dibattito») non entra praticamente nel merito delle risposte da dare alla crisi grave dell’Unione ma si limita a discorrere sul metodo per rianimare la democrazia nell’Unione europea. Obiettivo sicuramente lodevole e necessario se non si fermasse molto – troppo – prudentemente sulla soglia delle proposte concrete. Trasuda questo documento un’interpretazione molto riduttiva del ruolo della Commissione e lascia perplessi quando rivendica quello svolto in favore della Costituzione.

Ridurre per gran parte la crisi politica dell’Unione ad un problema di comunicazione tra Istituzioni e cittadini è dire solo una parte della verità  . La crisi è grave perchà© è malandata la salute, nell’Unione e nei suoi Paesi membri, della democrazia rappresentativa e marginale il ruolo della democrazia partecipativa. Che non si alimenta e si rafforza con vecchi riti consultativi a servizio di decisioni tecnocratiche già   prese nà© con il ricorso ad Internet. Se la Commissione non farà   seguire rapidamente a questo «discorso sul metodo» anche risposte concrete alle attese dei cittadini, alle tre D che danno il titolo al documento dovremo aggiungerne altre tre come Debolezza, sperando che non diventi Disaffezione e Delusione.

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