Venti di contestazione anche in Marocco

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Non si rassegnano i giovani marocchini del movimento GenZ 212 (Generazione Z) di fronte al degrado sociale del loro Paese. Scendono regolarmente in piazza da tre settimane, interpellano il Governo e il Re, vogliono risposte e impegno nella lotta contro la corruzione, ma vogliono soprattutto interventi per fermare la frattura sanitaria e educativa che attraversa il Paese. 

La Generazione Z è composta soprattutto da nativi digitali, nati fra il 1997 e il 2012, cresciuti con Internet e con le piattaforme dei social media. Non ci sono leader o partiti e i contatti si fanno velocemente via gli smartphone. E’ il grande e incontrastato potere delle nuove tecnologie, capace di mobilitare in breve tempo, migliaia di persone. 

La prima protesta, avvenuta ad Agadir, è nata in seguito alla morte di otto donne all’ospedale della città, in seguito a parti cesarei. Il dramma ha fatto da detonatore e l’ospedale è diventato l’emblema del degrado della salute pubblica nel Paese, dove la corsa alla privatizzazione delle infrastrutture e dei relativi servizi sta mettendo a forte rischio l’accesso alle cure di buona parte della popolazione. 

Le manifestazioni del movimento dei giovani trovano la loro forza nella richiesta di misure politiche che tengano conto del pericolo di emarginazione sociale ed economica della popolazione, tirano un sonoro campanello d’allarme sulle conseguenze di cospicui investimenti  nel settore privato della salute e di altre infrastrutture, ritenute prioritarie dal Governo, come quelle per accogliere, alla fine dell’anno, la Coppa delle Nazioni africane o i mondiali di calcio del 2030. 

Gli slogan scanditi dai giovani dimostranti, che già hanno subito risposte violente da parte della polizia, riflettono una visione del futuro che parla di “Meno stadi, più ospedali”,  ma soprattutto di “Libertà, dignità e giustizia sociale”.  Nel loro mirino compare infatti anche l’istruzione e la disoccupazione, due settori in continuo deterioramento e che incidono profondamente sulle condizioni di vita, bloccando in tal modo il futuro stesso delle giovani generazioni. Va ricordato qui che la disoccupazione interessa, ad esempio, il 36% dei giovani tra i 15 e i 24 anni e il 19% dei giovani laureati.

Non è certamente la prima volta che i giovani marocchini si mobilitano. Dopo la Primavera araba del 2011 e la rivolta del Rif del 2016, queste terze imponenti manifestazioni sono guidate da una giovane generazione che non accetta più in silenzio la sopraffazione del potere e chiede un futuro di uguaglianza e di stato di diritto per il proprio Paese. 

E’ un fenomeno, quello della Generazione Z, che sembra non conoscere frontiere. Armati dei loro strumenti di comunicazione, si sono fatti sentire, in questi ultimi tempi, in altre parti del mondo, dal Perù all’Argentina, dalle Filippine alle tenaci manifestazioni in Serbia. Fenomeno che ha raggiunto quindi anche l’Africa, dal Marocco al Madagascar, Paese quest’ultimo in cui il 75% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e dove la corruzione dilaga. 

La determinazione dei giovani è forte ovunque e sembra non volersi fermare nemmeno di fronte alle risposte spesso violente dei loro governanti. Un fenomeno che guarda lontano, da non sottovalutare e soprattutto da capire. 

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