I più pessimisti la chiamano la tempesta perfetta, gli ottimisti coraggiosi un’opportunità. Per l’Unione Europea di oggi i nodi che stanno venendo al pettine, tutti insieme, potrebbero generare novità, non necessariamente tutte negative, anche se sono queste che sembrano prevalere al momento.
La lista dei nodi, tra loro intrecciati, sarebbe lunga e complessa, ma si può provare a collocarla in un quadrante di priorità che iniziano con la lettera P: pace, pianeta, protezione e politica.
Oggi la “Pace” è a rischio anche dove non si combatte con le armi, o perché cova sotto le ceneri o perché non si combatte con le cannoniere ma con i ricatti commerciali, attraverso l’arma dei dazi.
L’Unione Europea si presenta inerme a questo appuntamento, non solo perché priva di una difesa e di un esercito comune ma perché, divisa al proprio interno, non riesce a far valere la sua forza economica e commerciale, per non parlare di quella culturale che nel mondo caotico di oggi sembra contare sempre meno.
Quanto sia allarmante lo stato di salute del “Pianeta” non è il caso di ricordarlo in questi giorni di eventi climatici estremi di cui è vittima l’intera Europa. Su questo versante l’Unione Europea ha preso da tempo iniziative ambiziose, in particolare nel 2019 con il “Green deal”, il Patto verde europeo, per raggiungere entro il 2050 l’obiettivo dell’azzeramento dei gas serra, responsabili del surriscaldamento climatico. Era il minimo indispensabile, ma bisognava fare i conti con l’evoluzione mondiale delle produzioni industriali e, in Europa, con quanti indugiavano sulle energie fossili a fronte della crisi energetica, aggravata dall’aggressione russa all’Ucraina. Oggi sono molti nell’UE che invocano flessibilità e rinvii delle misure previste, rimandando a domani un problema che sta colpendo oggi.
In questo contesto i popoli europei chiedono “Protezione”, dalle minacce di guerra e del surriscaldamento climatico: in particolare la chiedono quanti vivono in Paesi più direttamente minacciati dalla guerra, ne hanno bisogno le fasce più deboli della popolazione prive di risorse per affrontare individualmente i rischi ed esposti all’indebolimento del sistema di protezione sociale, in un contesto di caduta demografica che altera gli equilibri tra entrate ed uscite dei bilanci nazionali, messi inoltre sotto pressione dai costi crescenti per la spesa militare nei prossimi anni.
Su tutti questi versanti tocca alla “Politica” intervenire, tanto a livello internazionale che nazionale, in un mondo fuori controllo, orfano di istituzioni multilaterali un tempo regolatrici di contese e conflitti, che si tratti dell’ONU o dell’Organizzazione mondiale del commercio e di altre ancora, prese a picconate dai prepotenti del momento.
Sotto queste picconate in provenienza da oltre Atlantico resiste ancora questa straordinaria istituzione multilaterale che è l’Unione Europea, un laboratorio di “democrazia tra le nazioni”, ma da tempo alle prese con aggressioni interne da parte di movimenti nazional-populisti in Paesi che si ritengono ancora detentori di una ormai irrilevante sovranità nazionale, come continua ad illudersi tra gli altri il governo italiano.
Tocca adesso alla politica europea far valere le sue potenzialità, ritrovare il coraggio che non è mancato all’Unione Europea di fronte all’irruzione del Covid e della guerra in Ucraina, intervenire con saggezza per proteggere i suoi cittadini, orientando con equilibrio le sue risorse finanziarie verso priorità condivise, proteggendo il suo sistema di welfare unico al mondo insieme alla difesa dei suoi territori minacciati, non solo a nord ma anche a sud, e costruendo una politica comune di difesa che prevalga sui disegni di riarmo nazionale, fonti domani di rischi interni all’Europa.
In questo quadrante di priorità si sta giocando il nostro futuro e di quanti nel mondo guardano all’Unione Europea come una sopravvissuta isola di democrazia e un incoraggiante orizzonte di convivenza pacifica.