
tratti di quelle militari russe o di quelle politiche e commerciali dell’ex-alleato americano. Tutto vero, e ogni giorno diventa più pericoloso, con i due “animali predatori” che stringono in una morsa l’Unione Europea da est e da ovest, alleandosi tra di loro, in particolare per costringere alla resa l’Ucraina invasa e combinare affari sulle spoglie della preda.
Non sono purtroppo i due soli fronti sui quali l’Unione Europea deve resistere, come sta facendo tra incertezze e rischi crescenti. E non sono meno pericolosi quelli, e sono molti, che cercano di minarne la costruzione dall’interno, indebolendone le fondamenta e cercando di disgregarla pezzo a pezzo.
Lo sanno bene i due “complici in affari”, Trump e Putin, che alimentano le “quinte colonne” attive nella cittadella assediata, pronte ad aprire le porte dei Paesi dell’Unione Europea, ai “cavalli di Troia”, accampati ai suoi bordi, pronti a venire in soccorso ai vincitori.
Non trattandosi a questo punto di un segreto di Stato possiamo e dobbiamo parlarne, facendone nomi e cognomi, perché ciascuno si assuma le sue responsabilità.
Cominciamo dal pollaio, quello dei 27 governi dei Paesi UE che perdono tempo a battibeccare tra di loro, ognuno preoccupato del proprio interesse immediato, senza visione di un futuro che rischia di non esserci, coesi solo nel rigettare ogni responsabilità sulle Istituzioni europee, a patto di oscurare le loro, in particolare quelle del Consiglio dei ministri UE e del Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo, che aspettiamo di vedere all’opera il prossimo 18 dicembre, quando molti nodi irrisolti verranno al pettine e il re sarà nudo, non potendo scaricare a un livello più alto le mancate decisioni.
E’ in quel pollaio che si aggirano le volpi, nelle loro due versioni: quella dei governi e quella dei partiti politici di opposizione, che lavorano a destabilizzare l’Unione Europea e le sue Istituzioni, potenziali complici con i predatori esterni. Lo ha rivelato un recente documento dell’Amministrazione Trump, nel quadro della “Strategia di sicurezza nazionale”, per il quale gli Stati Uniti dovrebbero collaborare di più con alcuni Paesi UE “con l’obiettivo di allontanarli da Bruxelles”. Per ora la lista nero su bianco si limita a quattro dei Ventisette: Austria, Ungheria, Polonia e Italia, ma non è escluso che altri si preparino in panchina, come Slovacchia e Repubblica Ceca, sempre che non siano già in campo.
Sono volpi dal pelo diverso, Austria e Polonia democratici con governi sotto pressione dell’estrema destra, l’Ungheria chiaramente schierata contro Bruxelles e il governo italiano affetto da strabismo plurimo tra chi guarda a Washington, chi a Mosca e chi a Bruxelles. Per un Paese fondatore, l’unico della lista, non è proprio rassicurante.
Altre volpi non aspettano altro che di lasciare l’opposizione per entrare a far danni nel pollaio di Bruxelles: le ali estreme di destra e di sinistra in Francia, che sperano nelle elezioni presidenziali del 2027, e quella di estrema destra filo-nazista “Alternativa per la Germania” che sta logorando la fragile coalizione guidata dal Cancelliere Merz.
Tutto questo mentre al Parlamento europeo di Strasburgo oscilla paurosamente la “maggioranza Ursula”, ricompostasi dopo le elezioni del 2024, con il Partito Popolare Europeo che non perde occasione per allearsi con le destre, estreme comprese, i socialisti che provano ad alzare la voce con pochi risultati, i liberali che provano a resistere e i Verdi che si chiamano fuori.
Intanto a cavallo dell’Unione Europea, si sta proponendo un triangolo che, a sostegno dell’Ucraina e dell’Europa, lavora a una “coalizione di volenterosi”: qualcuno comincia a pensare che l’alleanza tra Germania, Francia e Regno Unito potrebbe contribuire un giorno a gettare il seme per una futura Unione Europea. Sempre che questo seme resista ai rigori dell’inverno politico che stiamo vivendo.












