Un Vertice per l’emergenza umanitaria

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Non è certamente apparsa come notizia di primo piano nei mezzi di comunicazione, eppure il Vertice umanitario mondiale, che si è tenuto per la prima volta a Istanbul il 23 e il 24 maggio scorsi, ha messo in evidenza quanto sia diventato urgente riflettere su come affrontare le drammatiche situazioni umanitarie nel mondo, causate da guerre, da povertà estreme e dagli effetti dei cambiamenti climatici.

Indetto dall’ONU e fortemente voluto dal Segretario generale Ban Ki-moon, il Vertice ha riunito i leader politici mondiali e i più importanti attori coinvolti, al fine di riformare il sistema dell’aiuto umanitario e renderlo più adeguato alle crescenti emergenze globali. Le cifre che danno la misura di tali emergenze sono infatti impressionanti e in continua evoluzione: 125 milioni le persone nel mondo in attesa di aiuti umanitari; il numero delle persone sfollate e dei rifugiati in fuga da guerre, persecuzioni e conflitti ha raggiunto i 60 milioni, mentre sono circa 107 milioni le persone vittime delle conseguenze di catastrofi naturali dovute ai cambiamenti climatici. Anche le cifre sull’impegno finanziario dei donatori pubblici e privati fanno riflettere: sebbene nel 2014 siano stati stanziati più di 24,5 miliardi di dollari, più del 38% delle persone colpite rimangono escluse all’aiuto umanitario.

Per preparare questo primo Vertice, l’ONU ha adottato nello scorso febbraio un’ “Agenda per l’umanità”, proprio a sottolineare l’urgenza di agire di fronte alla più grave emergenza umanitaria dalla fine della Seconda guerra mondiale. L’Agenda contiene cinque obiettivi fondamentali, certamente ambiziosi, volti a considerare in modo politicamente nuovo e innovativo questa grande sfida del secolo. Riguardano in particolare la definizione di nuove soluzioni politiche per prevenire e porre fine ai conflitti ; lo sviluppo di un approccio che passi dalla gestione delle crisi alla loro prevenzione ; l’obbligo per i Paesi di rispettare il diritto umanitario internazionale e i diritti umani anche in tempo e situazioni di guerra; mettere al centro di ogni azione l’essere umano, raggiungendo in particolare le persone più emarginate, in situazioni di povertà estrema o più vulnerabili rispetto alle calamità naturali; infine trovare modi innovativi e intelligenti per mobilitare maggiori risorse economiche e finanziarie.

Un Programma non da poco che mette subito in luce, purtroppo, le gravi contraddizioni tra le politiche attuate oggi da molti Governi e gli obiettivi dell’Agenda. Un esempio concreto viene fornito dalle cifre dei costi economici e finanziari dei conflitti e dalle spese per gli armamenti dei vari Paesi. Secondo uno studio dell’Institute for Economics and Peace (IEP), nel 2014, i conflitti e le violenze nel mondo sono costate 14,3 trilioni di dollari (14,3 migliaia di miliardi), vale a dire il 13,4% del PIL mondiale. Continuano inoltre a salire le spese di molti Paesi per gli armamenti e per la loro esportazione, settore quest’ultimo in cui l’Italia si è particolarmente distinta in questi recenti anni.

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Ma immaginare e gettare le basi di una nuova prospettiva per l’umanità intera che abbia come orizzonte la pace, il rispetto dei diritti fondamentali e una dignitosa prosperità per tutti non è ingenuo ma giusto e doveroso. Il Vertice di Istanbul, il primo nel suo genere, è stato forse un primo passo verso una presa di coscienza di quanto difficile, lontano e rivoluzionario possa essere oggi il raggiungimento di un tale obiettivo. Ma è un primo passo.

Dal canto suo, l’Unione Europea ha aderito senza timori agli obiettivi dell’Agenda per l’umanità. Se da un punto di vista finanziario l’Unione rimane al primo posto, a livello mondiale, tra i donatori di aiuti, è oggi altrettanto importante che traduca in termini politici forti e solidali il suo impegno nei confronti dell’emergenza umanitaria che, in primo luogo, circonda le sue frontiere.

 

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