È stata una settimana alquanto movimentata, che ha segnato significativi cambiamenti e nuove prospettive sulla scena internazionale.
Un primo evento da mettere sotto i riflettori dell’attualità è l’accordo intervenuto in Medio Oriente tra Arabia Saudita e Iran, un accordo che riapre i canali diplomatici fra i due Paesi, interrotti dal 2016. L’accordo fra le due maggiori potenze della regione, principali protagoniste dell’instabilità regionale, è stato concluso grazie anche alla mediazione della Cina, un aspetto quest’ultimo che rivela il ruolo diplomatico crescente di Pechino in un’area dove la sua presenza, fino a poco tempo fa, non era significativa, dominata, in particolare, dagli Stati Uniti. Un accordo che era tuttavia nell’aria da un po’ di tempo a questa parte, a giudicare dal ruolo dell’Iraq e dell’Oman in tal senso, a partire dal 2021.
Si tratta quindi, in un Medio Oriente attraversato da conflitti e interessi strategici, di un accordo dalle molteplici ricadute anche a livello internazionale. In particolare, il rapporto da guerra fredda fra Pechino e Washington, il ruolo di Washington nella regione, il rapporto sempre meno dipendente dell’Arabia Saudita dagli Stati Uniti, un Israele che cerca di tessere un rapporto con l’Arabia saudita contro l’Iran e le sue ambizioni nucleari e l’incertezza che peserà sulla fine o meno della guerra nello Yemen, dove i due Paesi si affrontano, per procura, da otto anni a questa parte.
La scelta di riannodare i rapporti sotto gli auspici della Cina, risponde tuttavia ad orientamenti politici propri dei due Paesi, sapendo che la base del loro accordo poggia sui principi di sovranità e di non-interferenza. L’Iran, sotto sanzioni e delegittimazione della sua politica interna, cerca di uscire dall’isolamento internazionale avvicinandosi sempre più alla Russia e alla Cina, un avvicinamento visibile soprattutto nella cooperazione militare con Mosca, con la fornitura di droni per la guerra in Ucraina e nella cooperazione economica con Pechino.
Dal canto suo, l’Arabia saudita, principale partner commerciale della Cina in Medio Oriente e principale fornitore di greggio, desiderosa di allentare il rapporto con gli Stati Uniti e intenzionata a concretizzare l’ambiziosa strategia di diversificazione economica “Visione 2030”, ha tutto interesse ad aderire ad un progetto di stabilità nella regione, partendo appunto da nuove relazioni con l’Iran e dalle ricadute sulla Siria, sul Libano e sullo Yemen ancora in guerra. Senza dimenticare che l’Iran è molto vicino alla possibilità di dotarsi della bomba atomica.
Un secondo evento di grande rilevanza politica, a pochi giorni dalla conclusione di un tale accordo in Medio Oriente, è l’emissione, da parte della Corte penale internazionale (CPI), di un mandato di cattura nei confronti del presidente russo Putin per crimini di guerra. Un evento che coincide, grosso modo, con la visita a Mosca del Presidente cinese Xi Jinping, volta a riaffermare il profondo legame che unisce i due Paesi e a discutere di “pace” nella guerra fra Russia e Ucraina. Non sfugge quindi a nessuno la forte carica politica di questo incontro fra i due leader, membri ambedue del Consiglio di sicurezza dell’ONU e a capo di potenze che, al pari degli Stati Uniti, non riconoscono l’autorità della Corte penale internazionale.
Una visita che solleva interrogativi non da poco, a partire da quel nuovo ordine mondiale che i due leader, nella loro vicinanza, vogliono proporre come alternativa a quello disegnato finora da un’egemonia occidentale. Sarà importante capire come la Cina, con una Russia in guerra, potrà affermare il suo ruolo nel mondo, affrontare le tensioni con gli Stati Uniti e disegnare una pace di cui, ancora, non si vede nulla all’orizzonte.