UE: un grande futuro alle spalle? – video e materiali dell’incontro

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Sono qui disponibili il video e i materiali dell’incontro “UE: un grande futuro alle spalle?”, organizzato da APICE in collaborazione con EDIC Cuneo, La Guida e BeneComune nella serata di lunedì 19 ottobre 2020.

Di seguito una sintesi dell’intervento realizzato per l’occasione da F.CHITTOLINA.

Impressiona, insieme a molti altri passaggi, quanto si legge al paragrafo 10 dell’enciclica FRATELLI TUTTI a proposito del progetto di unità europea, additato come  “il sogno di un’Europa unita”. Purtroppo il titolo del paragrafo è “sogni che vanno in frantumi” per continuare con l’apertura del paragrafo 11 dove si legge che “la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro”. 

Anche per l’Europa?

E’ anche alla luce di queste parole che affrontiamo il tema: “Unione Europea, un grande futuro alle spalle?”. Al centro della nostra riflessione quel punto interrogativo, cifra di questa stagione della storia, quella dell’incertezza del futuro e della tentazione del passato.

L’UE è nata all’inizio degli anni ’50 con un grande futuro davanti e in questo senso ha camminato nei suoi primi 70 anni di vita, non senza crisi e tentazioni di tornare indietro.

Il 21 luglio scorso il Consiglio europeo, con la sua decisione di investire ingenti risorse (750 miliardi + 1100) nel futuro dell’Unione, della sua economia e dei suoi cittadini, ha aperto un cantiere promettente, una scommessa non facile da mantenere e che se non mantenuta appieno lascerà l’Unione con “un grande futuro alle spalle”

Molti sono i rischi che l’UE corre di mancare la sua promessa, rischi che per un verso dimostrano il coraggio di quella decisione ma che, dall’altro, possono mettere in pericolo la credibilità delle Istituzioni e creare attese che, se non onorate, possono colpire al cuore l’impresa comunitaria.

Lasciamo da parte le cifre, gli strumenti finanziari (una stragrande maggioranza di prestiti rispetto ai contributi), le complicate procedure per attivare quelle risorse e proviamo a dire 

due o tre cose essenziali sui cantieri che la svolta “storica” (così sarà, che vada bene o che vada male) ha aperto per  ricostruire l’Unione indebolitasi negli anni con le sue mani e messa oggi sotto pressione dalla pandemia da Covid-19.

IL CANTIERE SOCIALE

E’ la risposta che l’UE ha cominciato a dare, con qualche ritardo, sul versante sanitario per contrastare l’epidemia, sostenendo la ricerca del vaccino, tenendo aperte le frontiere per la circolazione di dispositivi medici, coordinando non senza difficoltà regole di tracciamento e di prevenzione.

Rapida è stata la risposta a sostegno delle casse integrazioni nazionali, con il programma SURE (100 miliardi), e alle piccole e medie imprese con i finanziamenti della Banca europea per gli investimenti.

Questo sul fronte Covid-19. 

Altro intervento importante sul versante sociale il (nuovo?) Patto migranti: per molti una delusione, per non aver avviato, come promesso, il superamento dell’Accordo di Dublino.

Da non dimenticare, se fosse sfuggito, la proposta di lavorare al raggiungimento di un salario minimo, tema sensibile e difficilmente regolabile con strumenti legislativi.

Tutto questo mentre cresce nell’UE la povertà e viaggiamo verso 12 milioni di disoccupati causati dal Covid a fine anno. 

IL CANTIERE ECONOMICO

E’ il cantiere al centro dell’attenzione per le inedite dimensioni finanziarie delle operazioni della Banca centrale europea, per la proposta franco-tedesca del Recovery fund, ripresa in toto dal Consiglio europeo, per gli interventi della Commissione con la sospensione (provvisoria) del Patto di stabilità e l’alleggerimento delle condizioni per l’accesso al Meccanismo europeo di stabilità (il “famigerato” MES).

Al di là delle dimensioni monetarie (quasi 2000 miliardi per il periodo 2021-2027) la svolta risiede soprattutto nella prima accensione di un debito comune europeo, consentito eccezionalmente dalla Germania, ma che molti sperano possa essere l’avvio di una politica fiscale coordinata a livello europeo.

IL CANTIERE POLITICO

La creazione di un debito comune europeo segnala una svolta profonda per le politiche comunitarie, fino a oggi strette dagli interessi nazionali al punto di aver fatto diventare il valore fondativo della solidarietà un elemento trascurabile, da negoziare di volta in volta.

Questa svolta politica deve molto alla Germania e alla sua Cancelliera, assecondata dai Paesi maggiormente beneficiari come Francia, Italia e Spagna, ma ostinatamente contrastata dai Paesi “frugali” come Olanda e Paesi nordici. 

Da non perdere di vista che il reperimento di prestiti sui mercati internazionali dipende dalla affidabilità finanziaria del bilancio comunitario e la sua copertura è garantita solidarmente da tutti Paesi UE che dovranno adesso impegnarsi a creare elementi di fiscalità europea, destinati a diventare risorse proprie del bilancio comunitario.

Da ricordare gli impegni di questo programma di legislatura con le ambiziose priorità in materia di politica ambientale, di sostegno alla ricerca e a un’Europa digitale. Il tutto da far convivere con la prevista secessione del Regno Unito ormai arrivata alle battute finali. 

IL CANTIERE ISTITUZIONALE

Le decisioni dell’estate hanno accelerato alcune “forzature” istituzionali, ma anche ritardato l’avvio della “Conferenza per il futuro dell’Europa”, la cui convocazione è attesa nelle prossime settimane.

Non è stata decisione banale quella della sospensione del Patto di stabilità, l’alleggerimento delle regole per gli aiuti di Stato e, soprattutto, la creazione di un debito comune europeo con l’avvio di una possibile nuova fase di politica fiscale europea, finora molto timida e sostanzialmente nazionale.

Questi i CANTIERI aperti dall’UE che devono adesso fare i conti con rischi non da poco come: 

  • l’ancora precaria solidarietà europea, alle prese con faglie antiche (Nord/sud) e recenti (Est/ovest), con i “pozzi avvelenati” dai movimenti nazional-populisti, oggi in riduzione ma non cancellati, con le difficoltà a reperire le risorse necessarie per sostenere il rilancio di un’economia disastrata e con una difficile solidarietà intergenerazionale;
  • la complessità dell’operazione che deve coordinarsi a diversi livelli, da quello europeo a quelli nazionali fino a quelli locali, con una molteplicità di attori non solo pubblici ma anche della società civile, dalle forze economiche a quelle sindacali e sociali
  • l’impreparazione della macchina amministrativa tanto a livello europeo che nazionale (e in Italia ne sappiamo qualcosa…): una macchina che ha ricevuto un pieno di carburante (finanziario) ma ha il motore di prima che adesso rischia di ingolfarsi davanti a una situazione di emergenza inedita
  • i tempi imposti dall’urgenza per l’intervento, in difficoltà a tenere la velocità della pandemia e a contrastare la doppia pressione dei rischi sanitari e di quelli dell’economia
  • l’inadeguatezza dei Trattati attualmente in vigore: quello di Lisbona vecchio di oltre 10 anni, quello di Dublino ha oltre 20 anni per non parlare del Fiscal pact del 2011, di un’altra era geologica rispetto a quanto sta accadendo adesso. L’esperienza insegna che riformare i Trattati è impresa ardua e che richiede tempo: nell’attesa potrebbe venire in soccorso una volontà politica espressa all’unanimità dei 27, ma sono miracoli che non si ripetono di frequente…

Quale conclusione?

Che siamo nel pieno delle turbolenze tanto ai confini UE, a cavallo dei confini con Brexit e dentro l’Unione fino al collo.

Che abbiamo un precedente incoraggiante: quello dell’inizio degli anni ’50 quando un sogno si trasformò in realtà, cresciuta nel tempo contro ogni previsione.

Che siamo in un presente difficile che annuncia la fine di un mondo, ma non del mondo.

Che il futuro che aspetta l’Unione è quello che sapremo costruire noi, tutti insieme

2 COMMENTI

  1. Caro Franco, ti disturbio perchè mi interessa il tuo parere e ieri sera nel seminario ho mandato una domanda (a nome di mia moglie,ilda Cumiano perchè il PC ha deciso così) ma forse è arrivata fuori tempo massimo e non è stata letta.
    Poichè avete chiesto di indicare una priorità fra i 4 cantieri indicati io sono perplesso nello sceglierne uno solo poichè mi pare che il problema della forma istituzionale dell’unione la stia strangolando a causa del cappio finale dell’unanimità. Ha ragione Gianni Vizio quando dice che il cantiere sociale dovrebbe essere il prioritario, ma se non cambia la forma istituzionale anche il cantiere sociale rischia il soffocamento. Mi rendo conto che il tema forma istituzionale è ancora più complicato degli altri, ma temo che se non si tagliano i tentacoli di questa forma istituzionale si continuerà a non risolvere nulla. Non sarebbe meglio fare quanto più è possibile con pochi stati e fare poco con chi non ci sta? Oltretutto per farsi capire dalle persone comuni bisogna semplificare questa costruzione complessissima che va sotto il nome di Europa. Quanti cittadini distinguono fra Commissione, Parlamento, Consiglio d’Europa, Ecofin, ecc ecc?
    Scusa il disturbo
    Carlo Daghino
    PS Complimenti per il seminario a distanza, è stato interessantissimo!

    • Grazie Carlo per il tuo intervento e per la tua partecipazione alla serata UE di lunedì scorso.
      Era difficile individuare una priorità tra i quattro cantieri UE elencati l’altra sera, anche perché sono molto intrecciati tra di loro.

      Lo “sblocco” istituzionale della regola dell’unanimità, eredità delle sovranità nazionali dei secoli scorsi, potrà cedere solo se gli altri tre cantieri eserciteranno una pressione forte e costante su questo residuo di presunte sovranità. In questo intreccio avrà un ruolo importante la crescita di una sensibilità sociale in grado di attivare la “mitica” volontà politica, oggi prevalentemente attenta all’economia, quando non a suo esclusivo servizio.
      Credo che, pur tra mille difficoltà, il movimento sindacale possa avere un ruolo importante, magari rinunciando al suo interno a vecchie “sovranità nazionali” che mettono i sindacati in competizione tra di loro, finendo col rafforzare le sovranità politiche. Ci vorrà ancora tempo e pazienza ma alla fine il vecchio crollerà, come è crollato trent’anni fa il Muro di Berlino.

      Franco Chittolina

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