Non si annunciano tempi facili per l’Unione Europea in questo nuovo anno appena iniziato.
Nel mondo sono molti i conflitti, tanti anche dimenticati, e due guerre spietate proseguono ai nostri confini, in Ucraina e nel Medio Oriente.
In casa nostra cresce l’instabilità politica con Francia, Germania, Belgio e Austria alla ricerca di un nuovo governo e quello della Spagna costantemente in bilico nonostante i buoni risultati economici, con nuove elezioni previste nella Repubblica Ceca, in Danimarca, Irlanda, Polonia e Portogallo,
Sul versante economico e finanziario si allungano ombre pesanti, come si è visto nella difficoltà in molti Paesi a chiudere la legge di bilancio, rispettando il vecchio/nuovo Patto di stabilità, mentre crescono le crisi industriali che mettono sotto tensione il futuro delle coraggiose politiche ambientali degli scorsi anni e salgono gli indicatori della povertà e del disagio sociale.
Sono queste solo alcune delle sfide che deve affrontare l’UE nella legislatura 2024-2029 e qualche primo orientamento politico è atteso dal programma che presenterà a breve la Commissione europea appena insediata, con profili prevalentemente modesti e una presidenza, curvata a destra, che avrà buon gioco a avocare a sé le decisioni più importanti, tanto nelle politiche interne che nei futuri rapporti internazionali.
Su quest’ultimo fronte l’UE dovrà fare i conti con il ritorno sulla scena della presidenza di Donald Trump e del suo scudiero Elon Musk che, in attesa dell’insediamento ufficiale, non hanno lesinato minacce e ricatti all’UE, tanto in merito all’aumento della spesa per la difesa che agli scambi commerciali esposti all’arma dei dazi e, addirittura sul rispetto dei confini europei.
Meno rumorosa la Cina come da antica tradizione, ma non per questo meno minacciosa tanto nella competizione commerciale che nella corsa al riarmo, in presenza delle sue alleanze militari, Russia compresa.
Chiusa in questa tenaglia l’UE è chiamata a far valere i suoi pochi punti di forza e a rimediare, in tempi non troppo lunghi, alle sue molte debolezze accumulatesi negli anni. Per rimediarvi c’è sul tavolo la proposta impegnativa, del “Rapporto sulla competitività” di Mario Draghi: purtroppo non sono di buon auspicio le molte reticenze già manifestate da più di un governo UE e non incoraggia l’ambiguità, ormai cifra costante, di Ursula von del Leyen.
Resta la forza, molto indebolita in questi ultimi anni, della nostra sempre più solitaria democrazia, ritenuta da alcuni un freno allo sviluppo e alla libera iniziativa del mercato, ma preziosa salvaguardia di valori che hanno ispirato lo straordinario progetto di integrazione economica europea e di una progressiva riunificazione continentale.
E’ su questo progetto, opportunamente rivisitato nel nuovo scenario mondiale, che è urgente mobilitare i cittadini europei, per trasformare le loro diffuse paure in una nuova spinta verso un protagonismo finora poco incoraggiato, con il risultato di privarsi di quella grande risorsa che in democrazia si chiama partecipazione, fatta di critiche severe e di proposte innovative.
Purtroppo la leva decisiva della critica è confrontata all’opacità delle procedure decisionali nell’UE, all’origine di indifferenza e ostilità al progetto europeo, e non bastano nemmeno le grandi dichiarazioni d’intenti o i pregevoli rapporti degli esperti se soluzioni innovative non innervano la politica europea dal basso, dalle periferie dell’Unione.
Per non rimanere sudditi del potere USA e per evitare di finire domani schiavi del capitalismo di Stato cinese, non abbiamo altra scelta se non quella di diventare cittadini di un’Unione che o sarà politica o non avrà futuro.